Colpevole e bastardo? Innocente e Martire? E' l'animo di chi sta "addentro" alle cronache, o forse un semplice senso di curiosità mista a sgomento che mi spinge a riflettere sugli ulteriori sviluppi del giallo di Garlasco. Quello, per intenderci, che vede sulla scacchiera pochi pedoni ed un fante da abbattere: Alberto Stasi. Lui, un ragazzo come altri, con un viso uguale a tanti altri ma un controllo ed uno sguardo di ghiaccio che stupiscono i più; ha perso la fidanzata, il suo paese in buona parte lo accusa di esserne pure l’ “assassino” , colui cioè che la mattina del 13 agosto scorso ha massacrato Chiara Poggi con 10 colpi inferti tra cranio e volto. Ma lui sta lì, impietrito, attonito. Anche adesso che i Magistrati sono certi di avere in mano “prove concrete e non solo supposizioni”, anche ora che sa bene quanto sia stretto il rigagnolo che lo separa da una condanna “fondata su ragionevoli prove logiche”, lui rimane cristallizzato nella sua buia espressione. Con la stessa felpa blu, con lo stesso sbatter di ciglia e forse con scarpe simili a quelle che proprio la mattina disgraziata della morte di Chiara hanno pedalato una bici fino a casa di lei e dopo il massacro, rapidamente, hanno percorso il tragitto inverso, lasciando impresse nei pedali quelle piccole tracce di sangue che ora potrebbero inchiodarlo a vita dietro le sbarre. Supposizioni, ovviamente, fermo-immagini distorti in una storia da riavvolgere, scriveva così “uno bravo” su Repubblica. Anche se per qualcuno è difficile dare il volto del “killer” al giovincello dalle buone maniere ed è doloroso pensare che un ragazzo come mille possa una mattina svegliarsi e rispondere al sorriso dolce di una fidanzata con altrettanta follia omicida. Una pelle d’oca sintomo della paura che ha la gente, la paura di non sapere più da chi guardarsi, di non potersi fidare più dei modi gentili e garbati di una faccia da bravo ragazzo; i bravi ragazzi nelle fiction recitano il ruolo dei “buoni” e comunque ogni giallo che si snocciola in quel mondo inventato trova subito un colpevole che confessa quando le prove lo incastrano. Ma qui la storia è un po’ diversa e si rischia, se non si fa attenzione, di consegnare troppo presto un colpevole all’ansia della piazza, senza prima essere certi che sia davvero arrivato il momento dei titoli di coda.
Antonio Spitaleri (a.spitaleri@siracusaweb.tv)
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