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Tra Walter e Tonino è già crisi

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Tra Walter e Tonino è già crisi

Messaggiodi fiorenzo il 18 apr 2008 18:41

Tra Walter e Tonino è già crisi

di Guido Forte

Storia di un amore mai sbocciato. L’Italia dei Valori non farà gruppo unico con il Pd e manterrà la sua autonomia politica e soprattutto gestionale. Ad annunciarlo in una conferenza stampa ieri lo stesso Antonio Di Pietro al termine della riunione dell’Esecutivo del partito. Anche se oggi Massimo Donadi è ritornato sulla questione stemperando di molto i toni.
Proprio il capogruppo uscente ha precisato che “per quanto ci riguarda la prospettiva di formare gruppi unici in Parlamento non è affatto scartata, anzi tutt'altro. Noi vogliamo decidere assieme al Pd la linea migliore, visto che stiamo all'opposizione e non al governo”.
Una netta frenata se non una retromarcia. In attesa di ulteriori sviluppi rimane il fatto che è in profonda crisi un’alleanza che, come nei matrimoni d’interesse, non è andata molto lontana nel tempo: è durata circa due mesi, che per la verità erano stati più di mugugni, litigi ed incomprensioni. Sulla riforma delle Tv, il ruolo dell’Agcom fino all’ipotesi di espropriare Mediaset di due reti. Ma come si sa la speranza di vincere e rimontare lo svantaggio, poi rivelatosi incolmabile, sul Cavaliere aveva portato all’intesa.
E’ bastato però che il Pd prendesse una sonora batosta alle elezioni e che Di Pietro racimolasse una quarantina di parlamentari per far saltare il patto. E proprio questa vittoria avrebbe spinto l’ex pm a rivedere le sue decisioni. In effetti quaranta parlamentari rappresentano un ottimo patrimonio su cui investire. E Di Pietro non se lo è fatto ripetere due volte (facendo due conti saranno 20 i milioni di euro di finanziamento che affluiranno nelle casse del partito come contributi, senza contare il gruppo unico che una volta formato porterà altri 5 milioni di euro).
E poi ci sono le varie nomine nelle commissioni parlamentari di garanzia (sembra che Di Pietro guardi con interesse alla presidenza del Copaco) ed infine nel CdA della Rai. Tutti posti che senza un gruppo proprio Di Pietro dovrebbe mendicare a Veltroni e che invece con un suo schieramento politico avrebbe diritto a rivendicare in qualità di opposizione.
Ecco che allora come gli annunci di “un accordo tecnico” ma che sarebbe stato “non solo elettorale, ma programmatico, politico e progettuale” siano diventati solo un lontano ricordo.
Passi pure il percorso “di grande responsabilità nella realizzazione di un programma condiviso e nel confluire in un unico gruppo parlamentare all’indomani delle elezioni” perché alla fine si sa che in politica le parole corrono veloci. E così giusto due mesi e addio al “percorso di grande responsabilità” e “unico gruppo parlamentare all’indomani delle elezioni”. Motivazione ufficiale è che un gruppo unico “non può essere un contenitore in cui 40 deputati finiscono semplicemente fagocitati o annessi da altri partiti, è necessario capire cosa vuole fare e con quale classe dirigente”.
Nessun riferimento ai legittimi risvolti economici e politici, ma solo la rivendicazione a svolgere un ruolo centrale nelle future strategie politiche. A cominciare dall’ipotesi di formazione di un governo ombra sul quale Di Pietro polemicamente fa notare che “è inaccettabile che l’Idv sia venuto a sapere dell’idea di fare un governo ombra soltanto dai giornali”. Polemica che però non riguarda solo le forme dell’annuncio ma anche la sostanza, perché per il leader dell’Idv anche se si tratta solo di una finzione su una poltrona ministeriale ci vuole sempre stare. E così spiega che “abbiamo sentito che Idv non avrebbe titolo a rappresentare la giustizia e la sicurezza, bene, ma allora il ministro-ombra sarà Giuseppe Lumia o qualcuno con condanna passata in giudicato? Per l’informazione fa differenza per noi se la figura di riferimento sarà Follini o Beppe Giulietti; e chi sarà il portavoce del gruppo unico? Quali saranno i ruoli nelle Commissioni?”.
Problemi di poltrone ma non solo. Perché Di Pietro pone al Pd anche delle condizioni precise per andare avanti nel dialogo tra le due forze. Chiarimenti su posizioni, “poco chiare”. Su “giustizia, conflitto d’interessi, applicazione delle sentenze europee come quella sul riconoscimento delle frequenze a Europa7 e sull’informazione”. Paletti ben precisi messi dall’ex pm in vista di un incontro chiarificatore chiesto da Di Pietro a Veltroni prima della convocazione delle nuove Camere il prossimo 29 aprile.
Ma dal loft di Sant’Anastasia i toni sono alquanto blandi e poco interessati. Veltroni in questo momento ha altro a cui pensare, soprattutto deve evitare che l’effetto elezioni e l’annuncio delle dimissioni di Prodi travolga la sua segreteria. Un momento non facile per l’ex sindaco di Roma, a cui si unisce anche la questione relativa alle nomine dei vertici dei gruppi a Montecitorio e Palazzo Madama. Una partita delicata e importante da cui si capiranno anche i rapporti di forza all’interno del Pd.
La replica di Walter? “L’unità sarebbe stata opportuna nel caso di una vittoria elettorale”. Il ragionamento che viene fatto nei corridoi del loft di Sant’Anastasia è che “all’opposizione è meglio garantire l’autonomia dei gruppi sia per questioni di visibilità che per motivi tecnici legati ai lavori d’aula, sia per quanto riguarda il numero delle dichiarazioni di voto che per la presenza nelle capigruppo e negli uffici di presidenza”. Ma secondo altri sarebbe l’occasione per liberarsi di un alleato da sempre considerato scomodo e che fin dal primo momento una parte del Pd non ha mai digerito. Una verità che Di Pietro sa benissimo e che non nasconde: “Nel Pd c’è un’anima che ci vuole e un’anima che ci respinge. Mi sembra che Veltroni ci voglia, ma altri no”. E alla fine proprio questi ultimi potrebbero averla vinta. Con buona pace dell’ex pm.


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