Giochi, per la fiaccola olimpica ,un giorno da incubo a New Delhi
NUOVA DELHI
È stata una giornata da incubo oggi a Nuova Delhi per le forze dell’ordine in stato di massima allerta, per i cittadini imprigionati per ore nel traffico e anche per i giornalisti costretti a seguire a centinaia di metri di distanza la corsa solitaria dei tedofori indiani. È la quarta volta che l’India ospita la staffetta olimpica, ma è la prima che il pubblico è escluso da un evento che celebra lo sport senza barriere.
Il governo di Nuova Delhi aveva promesso a Pechino di garantire un «safe passage» alla torcia - arrivata nottetempo da Islamabad e da stasera diretta a Bangkok - e ha mantenuto la sua parola. Ha predisposto un servizio di sicurezza «a tre strati» impiegando gli uomini migliori e studiando un percorso (più che dimezzato) a prova di qualsiasi infiltrazione. Il rettilineo Rajpath, la spianata dove si tiene la parata militare il 26 gennaio, è stato transennato fin dalla scorsa settimana e così anche il grande spiazzo erboso circolare di India Gate, dove si è svolta la cerimonia conclusiva. Una cerimonia per pochi intimi: il sindaco Sheila Dikshit, la settantina di atleti e personalità selezionate dal Comitato Olimpico Indiano, i funzionari cinesi, alcune scolaresche con le magliette rosse sponsorizzate da Coca Cola e quelle bianche di Lenovo, più un centinaio di impiegati di alcune aziende cinesi arrivati con bandiere, striscioni e cappellini per salutare la fiaccola.
I giornalisti, pur essendo dotati di accredito stampa, sono stati esclusi dal tracciato e tenuti a debita distanza da un cordone di poliziotti in uno spazio ristretto di India Gate dove è stato possibile assistere solo all’ultima fase della staffetta quando la torcia è passata dalle mani della star di Bollywood Amir Khan a quelle del tennista Leander Paes e al suo compagno di doppio Mahesh Bhupati. C’è stata poi una ressa tra i cameraman e fotografi davanti al palco dove è stata preparata una grande fiaccola olimpica «protetta» dagli uomini della sicurezza cinese, riconoscibili per le tute bianco-blu e dei guantoni neri e da un servizio d’ordine privato di «gorilla» chiamato «Eagles Hunter». L’unica televisione ammessa a seguire l’evento è stata la TV di stato Doordarshan che aveva montato cinque telecamere lungo il tracciato di Rajpath e alcune su un camion che precedeva i tedofori.
Per un raggio di tre o quattro chilometri le strade erano deserte e presidiate da diversi reparti militari, tra cui anche la polizia a cavallo. Alcuni avevano preso posizione anche in cima all’India Gate, il monumentale arco con i nomi dei soldati caduti in guerra e che è il simbolo di Nuova Delhi. Partita con un’ora di ritardo, verso le sedici ora locale, la staffetta è durata circa 40 minuti. Oltre ad Amir Khan, c’era anche un altro divo di Bollywood, Saif Ali Khan. E poi i nomi più famosi dello sport indiano come la campionessa di salto in lungo Anju Bobby George e Randhir Singh, medaglia d’oro olimpica nel tiro con pistola e ora segretario del comitato olimpico indiano.
Nei giorni scorsi avevano fatto discutere le defezioni del calciatore Baichung Bhutia, dell’ex superpoliziotta Kiran Bedi e dello star del cricket Sachin Tendulkar, assente giustificato perché reduce da un infortunio. Ma il «torch day» di Nuova Delhi era in realtà iniziato al mattino davanti al Rajgath, il mausoleo del Mahatma Gandhi dove centinaia di manifestanti tibetani si erano raggruppati per una «contro staffetta» con una torcia dedicata al «Free Tibet». La marcia si è snodata per 4 chilometri fino allo storico osservatorio astronomico del Jantar Mantar, dove da quasi un mese c’è un presidio permanente di esuli tibetani.
Per l’occasione i manifestanti hanno trasformato la strada in una sorta di «mini Lhasa» con un fondale del palazzo Potala, un tempio improvvisato e centinaia di «prayer flags», le bandierine colorate di preghiera. Sono stati molti i simpatizzanti indiani e anche stranieri a unirsi alla marcia che si è conclusa senza disordini, forse anche grazie all’appello alla non violenza lanciato in mattinata dal governo tibetano in esilio che ha sede a Dharamsala. A portare il sostegno ai tibetani è stato in particolare l’ex ministro della difesa George Fernandes, esponente del Bjp, il partito indù nazionalista che guida l’opposizione. Assente invece la scrittrice e pacifista Arundhati Roi che aveva annunciato la sua partecipazione alla protesta.
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