L’estate stava finendo, come la mia illusione di avere accanto una persona che mi amasse davvero, per quello che ero. Il mare interno delle mie incertezze era ancora più agitato della vasta distesa d’acqua che mi stava di fronte e che cullava barche con strani nomi, cui il mare aveva tolto una o più lettere. I pescatori buttavano reti fallate, oscillando nella voce turbata del mare, con occhi luminosi e bocche serrate, immersi in un silenzio squarciato, di tanto in tanto, da roboanti tuoni. I turisti di S’Archittu adesso fuggivano, dai loro sogni, dalle raffiche improvvise di vento, onde spumose entravano in un surreale arco di roccia e uscivano con tutta la furia cieca della natura per spruzzare il cielo plumbeo, bagnando il mio viso e quello di una ragazza chiamata Illusione, che quel giorno, non potevo sapere, avrei baciato per l’ultima volta.
L’ultimo giorno a S’Archittu, l’ultimo con lei.
Sedevo nel suo morbido abbraccio, su uno scoglio reso ancora più scivoloso dai fuochi d’artificio di un mare che mai più sarebbe stato così affascinante e misterioso. Non so perché, mi voltai.
Lei, l’anziana signora che a piedi nudi sedeva sempre di fronte a queste magiche acque volgendo lo sguardo all’immensità, parve sbucare fuori da un sogno quieto; nessuno la notava, fuorché me, ma lei c’era sempre… seduta su un piccolo scoglio, lasciava che una dolce carezza marina le lambisse i piedi, impietosamente macchiati dal tempo andato. Aveva un’orchidea bianca in mano e l’aria di chi, in quell’odore d’infinito, stesse aspettando una farfalla iridescente, che si posasse sul suo cuore stanco ma colmo di tesori.
Chissà quante storie avrebbe potuto raccontarmi, chissà quante cose avrebbe potuto insegnarmi, pensavo nel mio ultimo abbraccio.
Immerso in quell'abbraccio che mi pareva senza tempo, non mi resi conto che il cielo stava regalando altre lucenti gocce.
Esse cadevano, volteggiando in una leggiadra danza.
Era come però se ciascuna goccia non riuscisse mai a raggiungere un contatto con l'altra piccola perla d'acqua simile a lei.
La danza era per ognuna solitaria, come se fra di loro si sfuggissero, impaurite da quel misterioso unirsi nella caduta; così, divise e veloci, si tuffavano nel mare che pareva attenderle per disperderle e confonderle.
L'anziana donna, il cui sguardo fino ad ora era stato rivolto verso l'infinito, seduta sullo scoglio, pareva adesso divertirsi.
Con la sua orchidea, giocava a far entrare le gocce nel piccolo foro del fiore e si dondolava ora a destra ora a sinistra.
Chissà, pensai, se quello poteva essere un gioco occasionale o invece un passatempo ripetuto tante volte per sentir meno il peso della solitudine.
Quel suo cullarsi mi inteneriva e mi entrò nel cuore così tanto, da trasformare l'abbraccio che vivevo in una speranza che mi parve incrollabile.
Poi, vidi la donna tendersi in avanti, sempre più avanti, sempre più avanti...
"Ehi!, voi due, andate a bagnarvi da un'altra parte, non lo capite che qui è pericoloso?", urlò un pescatore che aveva rinunciato a lottare contro il mare.
E neanche sentì la goccia che quasi di nascosto gli si era posata sulla mano, a percorrere la sua linea di felicità oramai da tempo spezzata dalla morte improvvisa della moglie.
Sentì per un attimo, sul palmo, la carezza della donna che aveva amato più della sua stessa vita, poi Mattia, questo il nome del burbero pescatore, tornò al suo mare e, immerso negli occhi indelebili dell’amore, lo respirò con tutto se stesso.
Sporgendosi, l’anziana donna vide il suo viso riflesso nell’acqua, ma non il suo viso di ora, quello di tanti anni fa. Fu un attimo, e in quell’istante infinito rivisse tutta la vita, quando ancora giovane e bella andava a sedersi sullo scoglio lasciando che l’acqua cristallina le carezzasse i piedi nivei e affusolati. Anche allora cercava quello che in fin dei conti tutti gli esseri umani cercano: un abbraccio sincero nel quale perdersi e condividere le gioie del mare e della vita. Anche se molti uomini l’avevano delusa, pensò, era valsa la pena cercare e mostrarsi per ciò che era sempre stata, con tutta la dolcezza di un cuore grande ma con mille debolezze dentro. L’abbraccio forte e sincero alla fine lo aveva trovato, in un giorno di mare agitato, in cui acque spumose entravano nell’arco di roccia e spruzzavano il viso degli innamorati d’infinite lacrime di gioia. L’uomo che l’aveva resa felice non c’era più, certo, ma lei lo sentiva dappertutto in quel luogo, lo rivedeva negli occhi dei ragazzi innamorati, nella voce passionale -come la prima notte insieme- del mare inquieto, nella carezza di quella farfalla macchiata di arcobaleno che tra un attimo l’avrebbe di nuovo raggiunta per scaldarle le mani tremanti e l’animo che odorava di spuma.
“Mi scusi, signorina…posso sedermi sullo scoglio accanto a lei ?”
Un uomo sulla trentina, con un fisico statuario e un ciuffo alla Elvis, le si sedette accanto e lei non poté dire di no ai suoi grandi occhi azzurri.
La giovane e bella Lucia lasciava che il mare le carezzasse le estremità e porgeva il viso a un lembo terso di cielo, e alle perle d’acqua che adesso le si posavano sulle palpebre e sui lunghi riccioli dorati.
Ad un tratto sentì la mano dell’uomo sulla sua. Era vigorosa e dolce allo stesso tempo, come se una nuvola la carezzasse, come se quella giornata provenisse da un sogno che difficilmente avrebbe dimenticato.
Quando riaprì gli occhi, le bastò un attimo per smarrirsi in quelli dello sconosciuto, azzurrità che in un silenzio magico le schiudevano il cuore a un nuovo tempestoso mistero… era Amore?
A un passo dall’arco di roccia, sotto un fulgido e improvviso arcobaleno, si baciarono, senza dire nulla.
Fu allora che una farfalla senza colore, sbucata dai biancospini, sfiorò i loro visi bagnati e, leggiadra, volò verso l’indaco.
I due visi accostati, l'uno di fronte all'altro, avevano descritto una strana forma.
Era come se due alberi avessero lasciato che le loro fronde cimose, spinte da un vento proveniente da lati opposti, si protendessero l'uno verso l'altro.
I rami, ancora tiepidi di sole, si sfioravano teneramente alla ricerca l'uno dell'altro e, nel leggero frugarsi, la linfa vitale raggiungeva anche le foglioline più nascoste.
L'accogliente calore di quelle labbra permetteva di potersi perdere in un ritrovato abbandono di sensazioni, dove tutti i sensi si esaltavano e si annullavano in un andirivieni di emozioni.
Così, all'improvviso, un bacio.
I battiti del cuore avevano perso la loro naturale sincronia e tumultuosi gareggiavano a sfidare il sorgere di spuma continua che il mare creava al suo battere vigoroso su uno scoglio.
Storditi in questo magico labirinto di sensi, era difficile trovare la via che li potesse condurre in un sentiero più terreno.
Quanto tempo stettero lì?
Forse solo un attimo o forse solo una vita.
Il tempo alcune volte non si può misurare.
" Non chiedermi chi sono", le disse lei , appena potè, portandogli due dita sulla bocca e pressando leggermente le sue labbra calde.
" Forse sono quest' aria fresca che ti passa fra i capelli, o forse sono...la vedi? Quella farfalla lì senza colore! O chissà, forse sono solo una donna...una donna vera o creata dalla tua fantasia... che importa! Ciò che importa è che sono qui".
"Ecco cosa mi ha donato oggi il mare...te! Tante volte, quando le acque tempestose stavano per avvolgere la mia barca e io invece vincevo onda su onda, ho sempre chiesto al mare perchè in ogni lotta mi facesse degno di vittoria. Il mio ricco pescato era un approdo solitario, mai una mano alzata in gesto di saluto, mai un abbraccio o un viso caro in cerca del mio viso. Ora, mentre sei qui, di fronte a me e ti guardo, così leggiadra e forte, capisco che il mare sapeva già la nostra storia".
“La farfalla è solo uno specchio e il segreto della vita è nascosto tra le sue ali color mare”, l’anziana Lucia sussurrò queste parole alle acque inquiete, poi si piegò in avanti e, ritrovando per un momento la forza d’un tempo, lanciò alle onde l’orchidea il cui biancore si confuse subito con la spuma, mentre suo figlio Mattia, da solo, si allontanava pian piano dagli scogli sui quali era cresciuto, ora deciso a sfidare e a vincere, come anni prima suo padre, la tempesta e il mare. Lucia lo guardava in silenzio divenire un punto indistinto all’orizzonte insieme a “ Doria“, la piccola barca dalla carena scrostata che lei stessa gli aveva regalato per il suo diciottesimo anno di età. La barca oscillava, cullata dalle onde, come l’orchidea, e Lucia per un momento pensò che fossero la stessa identica cosa: la nascita di Mattia era stata il fiore più bello che la vita le aveva donato, ma ora sentiva che dovevano separarsi, che doveva lasciarlo andare, proprio perché l’amava. Un giorno si sarebbero rincontrati e lei l’avrebbe sentito libero da ogni paura: Mattia aveva ritrovato il coraggio che dalla morte della moglie gli era mancato, quello di rischiare e vivere.
Doria divenne un puntino verde speranza fino a sparire agli occhi di Lucia, le cui lacrime si confusero col mare, per divenire carezze future per chi un giorno, dopo di lei, si sarebbe seduto su quegli scogli e avrebbe creduto e atteso le ali di una farfalla color mare.
Col viso che le brillava ancora di scie di pianto, la donna si alzò dallo scoglio e, salutato con la mano l’infinito, affidò un bacio alla fresca aria di mare.
Lucia, ripiegata un po’su se stessa, si incamminò verso il sentiero, come se un masso pesante le fosse stato poggiato sulle spalle.
Il suo procedere iniziò lento e grave, forse come i suoi pensieri.
Eppure, man mano che camminava, le sembrò che il suo animo si andasse sempre più liberando da qualcosa, che la sua andatura diventasse sempre più gaia, sempre più eretta.
Le parve che i polmoni si aprissero in maniera così ampia da permetterle di respirare un’aria piena di fragranze e profumi mai sentiti.
Le venne di cantare!
E cantò.
La sua voce intonata gareggiava col ritmo festante degli uccellini che, per niente spaventati, parevano accompagnarla lungo il suo incedere.
Cantava e ballava come una bambina spensierata.
Ogni tanto si fermava davanti ai ruvidi tronchi degli alberi, e carezzava le foglie capricciose che scendevano lungo i rami, e carezzava i fiori che straripavano di colori e di vita.
Tutto era una tenera attenzione nuova, lieta, gioiosa.
Che strano, pensò!
Proprio adesso che si sentiva priva di peso, le pareva invece di star lasciando delle impronte profonde.
Si commosse a quel pensiero e si sentì felice, mentre una piccola farfalla colore mare, posatasi sulla sua spalla, l’accompagnava sino alla fine di un dolce viaggio, ora senza rimpianti.
Daniela Lampasona & Carlo Bramanti