IL TRAVAGLIO DELLO SPIRITO NEL PERIODO PRE E POST-MORTEM,… (I parte )
E' abbastanza lungo ma penso che valga la pena leggerlo. Grazie per l'attenzione
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IL TRAVAGLIO DELLO SPIRITO NEL PERIODO PRE E POST-MORTEM, L'APPORTO DEI CONGIUNTI E LA RINASCITA SPIRITUALE (I parte )
La filosofia, la religione e la scienza, sin dalle origini del pensiero umano, hanno cercato di sciogliere il nodo che avvolge il grande enigma della morte.
La scienza nella sua limitatezza, la morte nella sua compiutezza: l’una nella sua impotenza, sempre sconfitta, l'altra nella sua maestosità, mai vinta.
La scienza e la morte, un neonato che lotta contro una montagna.
La scienza per ora non può che inchinarsi al grande mistero della morte.
La religione ci parla della morte, dello Spirito dopo la morte. Ci parla di inferni, di paradisi, di premi, di castighi o di stasi, senza spazio, senza tempo, in una inspiegabile dimensione, in attesa del Giudizio Universale.
Di conseguenza, ognuno, nel post-mortem, avrebbe visioni corrispondenti alla religione professata in vita. II musulmano vedrà il Paradiso di Maometto, il cristiano avrà la visione dei cieli splendenti, a un indiano d'America sembrerà di vivere nella terra della caccia felice.
Le scene del Giudizio, rappresentate simbolicamente dalle varie religioni, portano ancora a confondere le idee. II Giudizio tibetano, ispirato alla tradizione monastica, è rappresentato da Yama-Raja, "il Re religioso della morte" che tiene uno specchio nel quale si riflette l'anima nuda, mentre il servitore posa in una bilancia le buone e le cattive azioni, rappresentate da ciottoli bianchi e ciottoli neri.
Nel Giudizio del libro dei morti egizio, una creatura mostruosa è in attesa di divorare il defunto condannato da Osiris.
Non v'è religione che ci spieghi in termini accettabili il travaglio dello Spirito nel periodo pre e post-mortem.
La religione e la morte, l’una che sa di non potere, non vuole più vincere, e la maestosità dell'altra si trasforma nella mente dell'uomo in un orrido spettro apocalittico, generato e accresciuto dalla ignoranza delle religioni stesse che cercano di sedurre la morte, affinché essa gli si sveli.
E la morte a tanta ingenuità, non può che mentire.
Salvo l'ipotesi materialistica che risolve il problema della morte negandolo, tutte le altre dottrine filosofiche lasciano indecifrati non pochi misteri.
La filosofia si occupa, anche, della immortalità dell'anima e mentre per alcune la morte viene intesa solamente come un ponte che lo Spirito deve attraversare per una nuova vita eterna, per altre filosofie, invece, che ammettono la reincarnazione dello Spirito, il ponte della morte viene percorso una infinità di volte, affinché lo Spirito, evolvendosi, ritorni a quella matrice di luce nella quale emanazione divina al divino tende ad unificarsi.
Anche in molte filosofie, occidentali ed ancor più orientali, antiche e moderne, è insito il concetto, vago però, di un piano diverso dell'essere ove si verrebbe a trovare lo Spirito dopo la morte, e anche di un "Giudizio". Platone, nel X libro della Repubblica, raccontando le avventure di Er nell’altro mondo, descrive un Giudizio ove gli spiriti dei trapassati vengono accompagnati e per il bene, in una strada che conduce al Cielo, e per il male, in una strada che porta all'Inferno. E alcuni demoni attendono per trasportare le anime dei morti ai loro orrendi ed eterni
luoghi di punizione, similmente come ebbe liricamente a descrivere, qualche millennio più tardi Dante. Ben difficilmente, la filosofia, proprio perché nessuna logica ne attesterebbe la veridicità, potrebbe occuparsi del travaglio dello Spirito nel pre e post-mortem.
Né alla filosofia, né alla religione, né alla scienza, dunque, è data la chiave per varcare la soglia della morte e contattare lo Spirito di chi sta per liberarsi della carne. Chi, meglio di Dio, può parlarci di Dio stesso? Chi può parlarci meglio di Cristo se non Cristo stesso? Chi può parlarci della morte se non la morte stessa? E Dio diede sentore di Sé ed insegnò le Sue Leggi a quello Spirito ricordante che fu Mosè. E Cristo, il migliore degli uomini, venne sulla terra e ci parlò di Sé e del Padre Suo. E la morte è sempre sulla terra e tutto ci parla di lei; ma noi, misere creature, che abbiamo ripudiato le leggi di Dio, che non abbiamo accettate le parole di Cristo, che non abbiamo capito il senso della vita, come possiamo comprendere il significato della morte?
E lo Spirito viene a noi e ci parla ancora di amore, di armonia; ci parla del regno dei cieli, di Cristo, di Dio, della vita e anche della morte. Di quella esperienza inevitabile che egli stesso ebbe a provare. E lo Spirito, ora, rievoca istante per istante il suo travaglio, la sua gioia, la sua sofferenza nel sublime attimo che si separò dalla materia e s'involò verso una nuova vita, verso la sua vera vita, al di là della morte.
Ma perché, ci domandiamo, dobbiamo credere allo Spirito se egli non ci da alcuna prova di sé, ne di ciò che vuoi farci credere? E lo Spirito risponde:
"Io so bene ciò che è nella vostra anima ribelle. Io posso dirvi solo ciò che mi è dato. Io posso dare a voi prove, io posso se ciò deve essere. Ecco come i mortali, come gli Spiriti incarnati che hanno perduto il ricordo della loro realtà spiritica e della loro essenza divina vogliono barattare per credere. Il baratto è cosa grave perché non appartiene allo Spirito. Voi volete conoscere la perfezione e la conoscerete. Voi avrete la prova se vorrete credere a ciò che in realtà credete da prima di essere nella carne; e presto, voi saprete, capirete quando essa prova verrà a darvi sentore di me e della realtà che rappresento. Lo Spirito nulla può e nulla deve entro la carne. Lo Spirito non da sofferenza con la sua realtà. Semmai avviene il contrario. La prova l'avrete nelle sfumature che la vostra mente riuscirà a cogliere in certi momenti della vostra vita terrena. Esse sfumature saranno per voi via via la certezza perché sommate vi daranno il Divino".
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IL TRAVAGLIO DELLO SPIRITO NEL PERIODO PRE E POST-MORTEM,… (II parte )
Quanti di voi si sono trovati ad essere testimoni di una vita che cessa? Quanti di voi hanno avuto raccontato dai parenti, da estranei, episodi apparentemente strani, inspiegabili, di moribondi? Basterebbe che ognuno di noi facesse una piccola indagine nel tempo, e lentamente ci sorprenderemmo delle conoscenze che inevitabilmente andremmo a scoprire. Studiosi e scienziati hanno affrontato questo problema, è le loro deduzioni, pur non potendo essere autenticate dal marchio della scienza, certamente lasciano intendere molto a chi ha "orecchie per sentire".
Personalmente, ho assistito all'agonia della mia nonna paterna. Solo, nella sua stanzetta, ho sentito chiaramente la nonna parlare con sua sorella Carmela morta dieci anni prima il cui spirito era venuta a prenderla. "Che sei venuta a fare? Vattene Miniccia (Carmela), non ci vengo con te! Vattene, vattene". Gli occhi di mia nonna, fissi davanti a sé, terrorizzati dalla visione della sorella, che io non vedevo ma che la paura e lo stato di eccitazione in cui mi trovavo me ne facevano quasi intuire la presenza. Era venuta a prenderla, e mia Nonna, legata fortemente alla vita, alla materia, non voleva rassegnarsi e lottava con tutte le sue forze, non voleva accettare di morire.
Delirio, mi dissero, tua nonna delirava, Nient'altro. Tutte le persone, dunque, che prima di morire vedono gli spinti che li vengono a prendere delirano. Tutti i moribondi che tendono le braccia verso i loro cari defunti, delirano. E tutti quelli che preannunziano la loro morte, delirano.
Ecco, un'esperienza vissuta proprio da un uomo di scienza: II medico Americano Ribeit Hout, chiamato al capezzale di una zia morente.
"L'ammalata aveva 73 anni ed era stata sempre giovanile ed attiva, fino agli ultimi dieci giorni della sua vita, in cui si era bruscamente rivelata l'esistenza di un carcinoma gastrico che non lasciava alcuna possibilità di guarigione.
"Quando io giunsi a casa, quella sera, notai che mia zia era in pieno possesso delle sue facoltà mentali, e, benché sofferente conversò a lungo con me. Dopo circa un'ora dacché mi trovavo al suo capezzale, divenni consapevole, in guisa più intuitiva che pratica, che si prospettava un brusco e gravissimo mutamento alle condizioni dell'inferma, che sarebbe poi entrata rapidamente in agonia. Procedetti ad un esame clinico rigoroso della degente: il polso, che un'ora prima appariva regolare e ritmico era diventato filiforme e irregolare; la respirazione corta e affannosa.
"Contemplavo tristemente, con occhio professionale l'avvicendarsi delle varie contrazioni muscolari nella laboriosa agonia, mentre la morente era già passata in condizioni comatose, allorché divenni all’improvviso consapevole che in quell'ambiente si andava estrinsecando qualcosa di anormale. Guardando in alto, scorsi qualcosa di indefinibile che pareva concretarsi a circa due piedi al di sopra del letto: consisteva in una vaga sostanza, simile a nebbia che pareva condensarsi in quel punto. Aveva un aspetto di nubecola fumosa ed immobile, sospesa in aria, la quale a misura che il tempo passava, andava diventando sempre più opaca, assumendo forma oblunga.
"Quindi, con mio crescente stupore, rilevai che andava assumendo certe linee curve, certe forme ben definite che le conferivano una simmetria caratteristica e suggestiva, fino a quando non mi fu più possibile dubitare: quella nubecola andava assumendo forme umanoidi.
"Sedetti in silenzio per parecchie ore, contemplando l'emozionante spettacolo, e quando quella trasformazione divenne sufficientemente evoluta nel corpo, riconobbi in quella forma il corpo fisico di mia zia. Non era possibile ingannarsi: era quello il "corpo spirituale" di lei, sospeso in aria in posizione orizzontale, a due piedi dal corpo fisico agitato da riflessi convulsi e contrazioni penose.
"Vigilavo, con immenso interesse le modalità con cui continuava a svilupparsi il "corpo spirituale", che appariva avvolto in drappeggiamenti di una sorta di tessuto che ne modellava la forma. Scorgevo chiaramente le sembianze di quel volto che erano bensì le sembianze di mia zia, ma ravvivate da un'espressione di vigore giovanile e di serena tranquillità, in aperto contrasto con le impronte della vecchiaia e l'espressione sofferente del sembiante fisico. Emanava da quel "corpo spirituale" una misteriosa luminosità.
"Mentre contemplavo con raddoppiato interesse, misto a riverenza e stupore, tale manifestazione, mi avvenne di rilevare per la prima volta che una sorta di cordone fluidico doveva funzionare da tubo conduttore per la trasformazione, dal corpo fisico a quello spirituale. Ciò mi ricordò il biblico "cordone d'argento" di cui parlano le sacre scritture, e per la prima volta conobbi il vero significato di tale espressione; il biblico "cordone d'argento" era quello che congiungeva il corpo fisico a quello spirituale, così come il "cordone ombelicale" congiunge il corpo della madre a quello del bimbo in gestazione. Questo cordone s'inseriva in numerosi filamenti nel cranio, che si dilatavano a ventaglio, diventando a breve distanza da esso un solo cordone traslucente, di una luminosità perlacea. Questo cordone aveva delle pulsazioni proprie che arrivavano al "corpo spirituale", diventando quest’ultimo via via più vivido e più denso, mentre, per contro, il corpo fisico diveniva, in misura corrispondente, sempre meno vitale.
"Allorché sorgeva l'alba del nuovo giorno, io mi avvidi che la grande ora si avvicinava: sul volto della morente erano apparsi i segni precursori della morte e ne diedi avviso ai convenuti. Il "corpo spirituale", che era meraviglioso a contemplarsi era avvolto in morbidi drappeggiamenti, mentre le sembianze distintissime esprimevano un atteggiamento di sereno riposo. Ma il grande contrasto che impressionava era quello esistente tra i due corpi appartenenti alla medesima individualità. Contrasto che non consisteva unicamente nella differenza tra vita e morte, bensì nella circostanza che l'uno era contrassegnato dalle impronte della tarda vecchiaia, laddove l'altro era animato dal vigore e dalla freschezza giovanile; e mentre l'uno appariva colmo di vitalità rigogliosa, l'altro aveva cessato ogni moto riflesso e cominciava a irrigidirsi in una immobilità preludente la morte.Scrivo ben sapendo che la verità ... è sempre oltremichelangelo
Naufrago
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IL TRAVAGLIO DELLO SPIRITO NEL PERIODO PRE E POST-MORTEM,… (III parte )
"Nel contempo erano cessate le pulsazioni del "cordone fluidico", che appariva afflosciato e poco luminoso. Non tardai a riscontrare che i filamenti del cordone cominciavano a rompersi l'uno dopo l'altro, ritraendosi e scomparendo. Finalmente l'ultimo filamento si strappò e scomparve: lo Spirito neonato era libero! Allora il "corpo spirituale" si raddrizzò, discese al lato del proprio cadavere, sostò qualche tempo in quel punto, quindi si elevò e sparì "(3).
A questi, potrei aggiungere e citare tanti altri casi di testimonianze dello Spirito, casi ampiamente dimostrativi e rigorosamente accertati, verbalizzati e pubblicati da eminenti studiosi di tutto il mondo; ma pur non sviando dal tema proposto, il tempo non mi permetterebbe di affrontare altri argomenti.
L'idea di un "quid" che colleghi lo Spirito al corpo fisico, è antica come il mondo. I greci parlavano di "pneuma", i romani di "simulacrum", e così via sino ai giorni nostri in cui i termini si sono decuplicati. E si va dal "doppio eterico" al "perispirito" dei kardechiani, alla vastissima nomenclatura spirituale dello Yoga; tutte sottigliezze terminologiche, si da creare una confusione concettuale. Ma mettiamo a nudo, il concetto puro di Spirito estraendolo e distinguendolo da tutte le sue stesse manifestazioni, e cioè, dalla mente, dalla psiche, dalla coscienza e dalla subcoscienza:
"La mente è un aspetto particolare dello Spirito, e occorre distinguerla dalla psiche. La psiche - ossia quel complesso di manifestazioni che caratterizzano l'orientamento, le tendenze, le passioni, la personalità umana e sociale dell'individuo - è la depositarla degli elementi materiali interni ed esterni. Interni perché provenienti dal rapporto genealogico-atavico (i geni ereditari), esterni per le nozioni e le cognizioni che la psiche è in grado di percepire; la mente, invece, è la parte vera, profonda della psiche; essa è la facoltà materiata dello Spirito, la sua estrinsecazione. Nella mente vi è la presenza di idee, dei concetti, vi è quella qualità che stabilirà, dopo, l'evoluzione raggiunta dallo Spirito nella sua missione terrena.
"Bisogna però distinguere la mente umana dalla mente spirituale. Nel complesso che possiamo chiamare "mente-psiche", troviamo la coscienza e la subcoscienza; e quest'ultima va divisa in subcoscienza materiale e in subcoscienza spirituale. La mente-psiche è la realizzazione, la manifestazione materiale dello Spirito e della mente spirituale. E' la manifestazione nella quale noi riconosciamo i caratteri predominanti del tipo umano. Nella mente spirituale,invece, riconosciamo solo i caratteri spirituali.
"La mente spirituale è dunque la superficie, l'abito dello Spirito, un aspetto della sua manifestazione. Lo Spirito puro è quella essenza primaria, di qualità assoluta, imperitura vibrazione divina"".
"Tale Spirito, in cui risiedono le più alte virtualità, per poter prendere contatto con la più pesante atmosfera dei mondi materiali, si costruisce vari involucri che fanno da elementi mediatori tra l'essere spirituale e l'ambiente in cui svolgerà le sue esperienze. Questi involucri possiamo denominarli, infine, come "complesso animico o anima". Esso si cala in un corpo fisico embrionale, al quale rimane legato mediante un "cordone fluidico", la cui interruzione provoca la morte, diventando temporaneamente un "essere umano" (4).
Con la morte avviene la liberazione di questo complesso animico dal corpo materiale, recante nel suo seno l'essenza pura divina dello Spirito, e trasferendosi in un'altra dimensione dell'essere, nel cosmo, iniziando una nuova evoluzione in attesa di ritornare per un nuovo ciclo di esperienze, e così via, fino al completamento di tutte le esperienze in seno ai sistemi materiali, per iniziare, ancora ed ancora un altro ciclo di esperienze diverse e così fino all'infinito, evolvendosi, maturandosi, perfezionandosi, purificandosi e avvicinandosi al divino, a Dio.
Ovviamente, questa breve parentesi sulla struttura dello Spirito è la sintesi della sintesi di un rapporto completo, lungo ed esauriente, su ogni singolo punto da me semplicemente postulato, e che dovevo per forza affrontare per poter, ora parlare del trapasso dello Spirito.
Il travaglio dello Spirito è proporzionato a diversi fattori determinanti: iI livello di evoluzione spirituale raggiunto del morente, la morte improvvisa o la morte violenta.
La consapevolezza e l'accettazione, non importa se sul piano cosciente o su quello inconscio, della realtà di un mondo spirituale che avvolge, penetra e va oltre quello materiale, la conoscenza e la convinzione dell'esistenza di un al di là, tanto più acquisita, tanto più profonda, fa affrontare all'uomo il distacco dai congiunti e dalla terra con sufficiente serenità. Una serenità che negli uomini di elevata spiritualità permette di sottomettere completamente la profonda ribellione biologica e psicologica che il proprio fisico e la propria coscienza umana tentano di imporgli. In certi casi, addirittura, non si può parlare di crisi della morte, in quanto la dipartita dal corpo di Spiriti eccezionalmente evoluti rappresenta un desiderio di liberazione che spesso raggiunge i limiti della sopportabilità.
Al contrario, il travaglio dello Spirito per le persone, e purtroppo per quasi tutta l'umanità, che non hanno raggiunto questa maturità, o che l'accettano in misura limitata e dogmatica, o che addirittura negano ad oltranza ogni forma di sopravvivenza dello Spirito, questo travaglio, ripeto, raggiunge a volte momenti inconcepibili di sofferenze, che perdureranno, e condizioneranno negativamente lo Spirito nel suo immediato post-mortem.
Sarà quasi impossibile, riuscire ad essere "mentalmente autonomi", per coloro che, morendo, portano seco una visione materialistica del mondo, un tipo di cultura mondano, o una potente
suggestione di un credo etico-religioso a carattere dogmatico.Scrivo ben sapendo che la verità ... è sempre oltremichelangelo
Naufrago
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IL TRAVAGLIO DELLO SPIRITO NEL PERIODO PRE E POST-MORTEM,… (IV parte )
Potremmo dire che ognuno, nell'immediato post-mortem, sarà costretto a lottare più o meno a lungo e penosamente contro le proprie immagini mentali, prima di stabilire il reale contatto con il nuovo ambiente di esistenza.
Quindi, una volta doppiato il "capo della morte", ansietà, stupore, terrore o serenità, dolore o gioia caratterizzeranno indubbiamente la prima fase di esistenza del neo-defunto.
Nei casi di lucidità e di immediata presa di coscienza, il neo-defunto sarà anche in grado di vedere il proprio corpo inerte, l'ambiente che lo circonda, il suo funerale, il suo seppellimento. Ed ancora, la fine improvvisa e violenta o il suicidio - quest'ultimo poi è la peggiore delle morti - la rottura improvvisa del "cordone fluidico" che lega il "complesso animico" al corpo, determinano allo spirito una esperienza traumatizzante che si ripercuoterà drammaticamente dopo, perché a causa della tragicità, recherà con sé, per molto tempo dopo la morte, la cristallizazione psicologica della scena raccapricciante di terrore e di disperazione.
Per un irresistibile, misterioso potere di immedesimazione nelle scene che caratterizzano la morte violenta, lo Spirito può avere, anche la possibilità di dare qualche segno di sé: fisico, rumori, telecinesi, infestazioni, e persino, apparizioni; o telepatico; chiaroudienza, avvertimenti, consigli, preghiere, premonizioni, ecc., infoltendo così la già lunghissima casistica dei fenomeni paranormali.
Potrei ancora parlare a lungo, della condizione dello Spirito nel post-mortem, del "bagno letargico" nel quale è costretto e durante il quale lo Spirito stesso, in uno stato di assonnamento, tenta di liberarsi - favorito dalla "Entità guida", segno sempre presente della solidarietà spirituale – dei più superficiali e pesanti elementi che ancora lo collegano alla terra. Ed ancora del successivo periodo nel quale quell'essenza divina, pura dello Spirito, inizia, in un processo di autogiudizio, - lo Spirito non può mai mentire a se stesso - quell'esame critico rigoroso delle esperienze, del bene e del male, di cui si è reso fautore nel corso della sua vita terrena, fino a chiarificare con estrema consapevolezza la sua stessa condizione ed evoluzione spirituale raggiunta, o, simbolicamente, il gradino conquistato di una scala di valori divini, senza principio e senza fine e che percorrerla, attraverso infiniti piani di conoscenze e di evoluzioni, lo porterà ad avere sempre più chiara e più forte l'idea di Dio, senza mai raggiungerlo però, in quanto Dio stesso, il Divino, già coesiste ed esiste in ciascun gradino, in ciascun piano del cosmo, nello Spirito stesso.
Ma torniamo alla terra ed accostiamoci, ora, all'uomo morente, e vediamo come noi spiriti incarnati, congiunti, possiamo aiutarlo nel suo travaglio spirituale.
E' molto importante creare attorno all'essere che se ne va un ambiente caldo e affettuoso, e soprattutto sereno, ciò che la maggioranza degli uomini è lontano dal sospettare.
Il dolore dei parenti, il più delle volte porta a creare un gran disordine: disordine esteriore mentale, fisico, che da a chi se ne va delle sofferenze indescrivibili durante il passaggio, che è tanto difficile quanto doloroso. Bisogna pensare che il morente concentra in sé le esperienze di tu Ita la sua esistenza; tutta la sua vita emozionale gli torna alla memoria, ed egli ha in più una grande lucidità. Questa lucidità stessa lo strazia, poiché egli si ritrova, in certi momenti della sua vita, dove ha forse fatto molto male. Comprende che è troppo tardi per riparare, non sa come fare. Vorrebbe che lo si aiutasse e non trova attorno a sé che quest'atmosfera di disordine, questo squilibrio psichico e morale che gli impedisce di guardare serenamente alla vita nuova nella quale si appresta ad entrare.
Allora una sofferenza morale si scatena in lui, oltre alla sofferenza fisica, e quei momenti gli sembrano molto lunghi, non finiscono mai, i minuti gli sembrano secoli ed i congiunti attorno a lui non se ne accorgono, non vedono che il loro dolore, la loro tristezza e non l'anima che hanno davanti.
Per l'essere che se ne va, che lascia il piano terreno, bisognerebbe una più grande comprensione, un più grande slanciò di amore» Bisognerebbe che chi assiste un morente fosse pieno di questa grande tenerezza, di questo amore e di questa comprensione, al fine di aiutare quest'anima che, già staccata dalla sua forma terrestre, si trova alla soglia di un cammino sconosciuto senza osare avanzare. Che questa comprensione infonda calma, la pace, l'equilibrio e l'ordine, intorno al morente che si appresta a lasciarci. Allora, solamente, costui si sentirà calmo e potrà intravedere con minor difficoltà, la nuova vita. Sarà così più sereno e ciò è di grandissima importanza al momento stesso del trapasso, perché se l'anima compie questo passaggio nel disordine, nel caos, rischia di passare anni interminabili in questo turbamento, senza vedere nient'altro che foschi bagliori.
Delle "guide" saranno là per aiutarlo, ma è da lui stesso che verrà lo sforzo. Malgrado tutto ciò che la sua guida potrà dirgli, malgrado l'amore e la benevolenza di cui i congiunti incarnati e disincarnati potranno circondarlo, se colui che parte è completamente sviato, non potrà comprendere il loro linguaggio e vi resterà refrattario. Per queste ragioni dobbiamo chinarci sui fatti della vita fisica e spirituale che si producono in quei momenti, nel passaggio di un piano all'altro, e comprendere la grande importanza di preparare i nostri simili anticipatamente.
E' dunque un errore, per coloro che restano, piangere i loro scomparsi; se sapessero a qual punto impediscono, così, l'evoluzione di coloro che hanno amato, non ci sarebbero mai più dolori sulla terra. Non ci sarebbero più abiti neri, tristezze che accompagnano il defunto alla sua ultima dimora - ultima dimora della carne, perché non vi sarà mai per lo Spirito un'ultima dimora -.Scrivo ben sapendo che la verità ... è sempre oltremichelangelo
Naufrago
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IL TRAVAGLIO DELLO SPIRITO NEL PERIODO PRE E POST-MORTEM,… (v e VI parte )
Dobbiamo cercare di capire l'importanza che ha il lasciare liberi coloro che hanno dovuto abbandonarci. Bisogna che tutti comprendiamo che non è bene piangere, perché chiamando sempre e senza sosta, con disperazione, gli esseri amati, li leghiamo alla terra con dei fili invisibili e tronchiamo il loro slancio.
Lo Spirito che lascia la terra deve essere assolutamente libero. L'affetto durerà sempre. E finché si penserà a lui, l'essere amato sarà vicino e presente. Ma ciò che bisogna evitare è di tappargli le ali. Tutte queste ripetizioni sono necessarie. I destini superiori dell'essere non possono realizzar si in lui se è continuamente attirato in basso, verso la terra, dai congiunti.
Una infinità di spiriti, di ogni sorta, sono attorno a noi; soprattutto spiriti molto bassi. Non possiamo immaginare tutte le forme che esistono in questo piano e che aspettano al varco quell'anima che deve lasciare la terra, per ostacolarle il cammino, per confonderla, per legarla a loro, in quel vortice malefico di quel "sottobosco astrale" ove si trovano e non hanno ancora superato. Pensiamo, dunque a ciò. Bisogna preparare una strada chiara al caro morente, su cui egli possa inoltrarsi fermamente. Ciò dipende da noi perché l'essere che è alle prese con la sofferenza fisica è in pessime condizioni per compiere quel cammino, mentre noi, sani ed in tutta coscienza, possiamo e dobbiamo aiutarlo.
Mettiamo dei leggeri profumi nella camera di un morente, finché è possibile profumi naturali, di fiori. Anche l'incenso andrebbe bene, se non impressionasse i malati. Scegliamo fiori con profumo molto sottile, fiori bianchi, garofani bianchi, rose bianche, mughetti, anche fiori di campo, evitando i fiori senza profumo. Lasciamo sempre aperta una Finestra, perché l'aria si deve rinnovare incessantemente. Dobbiamo immettere continuamente nella stanza nuovo "prana": quando si dice che l'aria contiene prana, dobbiamo intendere che una grande quantità di Spiriti puri vi si muove. Bisogna che l'essere che se ne va si trovi come in un bagno ristoratore. Ecco perché in qualsiasi stagione una finestra dovrebbe restare sempre aperta.
La più grande calma deve regnare attorno al congiunto. Non bisogna mormorare vane preghiere; anche quelli che hanno l'abitudine di pregare tutti i giorni si devono astenere dal farlo. Le preghiere per i morti creano vibrazioni che li turbano. Pregare non li aiuta. Saranno pensieri di amore, di calma e di pace che daranno al congiunto l'equilibrio necessario per liberarsi serenamente.
Non bisogna attendere la decomposizione del corpo. Lo Spirito in misura della sua evoluzione, lascia il corpo presto o tardi; a volte in due tre ore, a volte in giorni. Ma giustamente, allorché si tratta di Spiriti così poco evoluti, o di Spiriti che hanno compiuto azioni addirittura malvagio, è indispensabile che il loro corpo parta subito, perché questi Spiriti più restano e più vogliono restare. Si deve loro indicare il cammino con un pensiero fermo, dir loro che il loro compito non è più qui.
Il funerale è molto sconveniente por l'anima che se ne va, qualunque sia il suo grado di evoluzione. Soffrirà di meno se è un'anima molto evoluta; ma se non lo è, ciò sarà molto penoso. Ci sarebbe tutta una riforma da fare. Tutto ciò di cui si circonda il deceduto, attualmente, denota un'incomprensione totale dell'anima umana. Questi canti lugubri, quella musica negativa, nefasta, sono da abolire completamente. Se teniamo assolutamente alla musica, che sia una musica piuttosto gaia, molto armonica. Bisogna assolutamente che coloro che hanno amato colui che sta partendo, che lo hanno amato con tutto il cuore, abbiano un pensiero d'amore per dirigerlo, perché egli trovi la luce.
Già coloro che hanno compreso, non portino il lutto. Al contrario, devono aver sempre abiti chiari, leggeri di tinte armoniose. Il nero è una questione vitale, ben più profonda di quel che si pensa. Il nero libera radiazioni molto basse, molto negative, che avviluppano l'essere che se ne va in legami nefasti che gli impediscono di percorrere il suo cammino. Ed è a causa di queste radiazioni, liberate anche dai nostri abiti neri, che vengono attirati tutti gli Spiriti non evoluti, i più bassi.
E' logicamente sconsigliabile andare nei cimiteri di frequente specialmente quando sono affollati. Nei cimiteri, infatti, la presenza di corpi sepolti da poco tempo, attira in buona parte entità involute che influenzano negativamente la zona. La cosa è ancor più pericolosa nei giorni della commemorazione dei defunti, perché gli Spiriti, più bassi attivati dalla folla che collettivamente emana una certa carica medianica, possono provocare anche casi di cosiddetta "possessione spiritica".
La tradizione considera sacro il culto dei morti ed è giusto, ma fino ad un certo punto, perché se deve esserci un culto, esso deve, rigorosamente rivolgersi più propriamente allo Spirito e non al corpo; e la migliore espressione di tale culto è il più alto interesse spirituale che dovrebbe avvicinare lo Spirito dei vivi con quello dei trapassati, il che - riconosciamolo - è molto raro.
Una “comunicazione” in risposta ad una mia richiesta per una scaletta che mi aiutasse in questo lungo e complesso lavoro, avuta da una “intelligenza” che si autodefinisce “K” e che racchiude, in sintesi, direi, lirica, tutto il tema esposto, metterà la parola fine. Ovviamente, non intendo di colpo cambiare tutti i convincimenti acquisiti da culture e da tradizioni, ma voglio sperare che chi la leggerà, con animo non prevenuto anzi disponibile, cominci a guardare la vita sotto altri aspetti, lo Spirito sotto una nuova luce, unitamente a tutti i valori che ne derivano, soprattutto al di là della morte.
"Ascoltate. L'uomo che muore è Spirito che si libera dalla carne. E' Spirito che si invola. Ma a ciò che sia possibile, occorre che lo Spirito si sciolga dal corpo, che i legami che avvinghiano esso Spirito al corpo si allentino.
Questo avviene e non è morte. Ciò che l'uomo chiama morte dovrebbe dirsi meglio e solo "trapasso".
Esso trapasso è infatti il passo estremo che lo Spirito compie al termine di un suo ciclo vitale nel corpo, al termine del suo cammino umano.
"Nascere, morire: ecco ciò che è l'uomo, ed è un breve segmento della vita universale. Poiché tutto ciò che è universale è Spirito e materia insieme.
Ora l'uomo cessa di essere tale sul secondo estremo del segmento.
E l'uomo cade mentre il suo Spirito si eleva.
L'uomo cede le sue forze al tempo e il Tempo gli si svela.
Quando l'uomo trapassa, nell'istante del trapasso, l'uomo vede l'invisibile e ne ha gioia o angoscia, a seconda di come visse.
Son tutti lì, ad attenderlo, coloro che lo precedettero nel trapasso. Tutti lì per guidarlo e rincuorarlo. Egli deve andare. Lo si aspetta.
Gli incarnati congiunti piangono la fine ed è umano; gli Spiriti congiunti gioiscono l'inizio ed è sublime.
Ma lo Spirito deve liberarsi dai legami che lo inchiodano alla terra. Egli deve, e lotta per riuscire.
La sua lotta è immane ed è come un pulcino che sguscia dall'uovo.
E più fu giusto in vita umana, più breve è la lotta e meno estenuante. E più fu ingiusto in vita umana e più lunga ed estenuante la separazione.
Ora, pensate che tale separazione dura giorni e giorni. Ma non c'è legge divina che lo stabilisca.
Ed è gioia e sofferenza. Molto dipende dai congiunti umani o dal corpo che muore.
Sappiate che il pianto, purtroppo, rende più sofferente chi muore. E sappiate che il corpo più è immobile, più lascialo Spirito.
Questa è legge divina. E la gioia, o la sofferenza, dello Spirito nel mondo invisibile è grande.
Lì tutto è nuovo per lui. Tutto è sorprendente.
Egli deve adattarsi. Ma in ciò lo aiutano gli Spiriti per questo inviati.
Egli crederà di essere ancora nella carne fino a quando avrà perduto la percezione del palpabile. E quando tale percezione sarà scomparsa egli sarà uno Spirito.
Egli sarà un'Entità Cosmica, non più universale. Questa è Legge divina".Scrivo ben sapendo che la verità ... è sempre oltremichelangelo
Naufrago