Ho deciso di fare un dono natalizio a tutti coloro che amano Siracusa e quindi inserisco il risultato delle mie ricerche per realizzare la SCULTURA TEATRO ANTICO n. 120 del mio catalogo. Spero che sarà gradita. Antonio Randazzo
http://docs.google.com/Doc?docid=dtbmhx ... qdcv&hl=it
PREMESSA
Numerose campagne di scavi hanno interessato la vasta zona della “NEAPOLIS” già dal 1756 con Cesare Gaetani che ne intuì l’importanza e successivamente riprese da; Francesco Saverio Landolina, 1743-1833; G.M.Capodieci 1804-1807; Lo Faso di Serradifalco e Francesco Cavallari 1834-1839; O. Puchstein e R. Koldewey 1895; Paolo Orsi 1907-1916; H. Bulle 1924; Carlo Anti 1946-1947, 1949; Luigi Polacco 1970-1976, i quali ultimi, dopo minuziose ricerche e comparazioni, ne hanno riferito i risultati nel volume “il TEATRO ANTICO DI SIRACUSA”, Rimini -1981- MAGGIOLI EDITORE, dal quale testualmente si trascrive la pagina 47- CAPITOLO III - LE VICENDE DEL TEATRO.
ROVINE E CURIOSITÀ DAL MEDIOEVO AL SETTECENTO
Nulla sappiamo del teatro di Siracusa dalla caduta dell’impero romano al secolo XVI. Abbandonato e venuto a trovarsi lontano dall’abitato, che si era ridotto ben presto all’isola di Ortigia, le acque dilavanti dal Temenite e dalla Via dei sepolcri condussero al suo parziale interramento e, come tutti i monumenti antichi, divenne una cava di materiale per nuove costruzioni. Le tracce di lavoro dei cavatori di pietra provano che non ci si accontentò di asportare i conci lavorati, ma si approfittò anche di questa specie di «fronte di cava» offerta dalle singole gradinate per ritrar¬ne anche molti blocchi grezzi. Due fatti precisi contribuirono peraltro alla rovina del monumento nel secolo XVI l’asportazione fino dalle fondamenta dei materiali dell’edificio scenico, avvenuta nel 1526, all’epoca di Carlo V, per la fabbrica dei bastioni di S. Filippo e di S.Lucia e la costruzione nella cavea, intorno al 1576, per iniziativa del marchese Pietro Gaetani, di alcuni mulini azionati dall’allora ristabilito acquedotto Galermi. La costruzione di questi pur modesti edifici, l’adattamento di strade d’accesso e delle condotte e degli scarichi d’acqua condussero ad intaccare gravemente le gradinate in più punti. Le acque più o meno liberamente cadenti qua e là fecero poi il resto. Tuttavia negli stessi anni, in cui si compiva la estrema rovina del monumen¬to, questo comincia a destare l’interesse dei dotti locali: Claudio Mario Arezzo (1527),Tommaso Fazello (1558), Vincenzo Mira¬bella (1613), G. Bonanni (1624). Ma nei loro scritti si va ben poco al di là di men¬zioni generiche. Agli eruditi locali, nella seconda metà del secolo XVIII, si aggiungono i viag¬giatori stranieri tra i quali Gius. Fil. d’Orville nel 1727.
Le rovine del teatro antico di Siracusa, scavato quasi interamente nella balza rocciosa di una conca naturale del TEMENOS, già utilizzata dalle popolazioni più antiche prima della colonizzazione greca come luogo di culto sacro agli Dei, (da qui il nome), così come si presentano oggi anche a visitatori più attenti, poco o nulla lasciano intravedere di quello che fu uno dei più grandi teatri dell’antichità chiamato MAXIMUM da Cicerone.
È uno dei più vasti del mondo greco e nel III secolo d.C., in età romana imperiale, fu adattato alle nuove esigenze dello spettacolo e dei giochi circensi subendo profonde trasformazioni. Dall’inizio del secolo scorso è utilizzato per manifestazioni teatrali e culturali in genere.
Nella prima metà del V secolo a.C., a Siracusa, esisteva già un teatro legato al nome di Epicarmo, padre della commedia greca vissuto a Siracusa sotto il regno di Gelone e di Ierone I e con esso quelli dei commediografi, pressoché contemporanei, Formide e Deinocolo. Ebbe grande importanza nella vita della città, giacché Siracusa, con Atene e Alessandria d’Egitto, fu uno dei maggiori centri di vita teatrale, politica e spettacolare e patria d’origine della commedia. Si vuole che nel teatro greco di Siracusa fosse rappresentata per la prima volta la tragedia “I Persiani” di Eschilo, ed è certo che nel 476 a.C. vi si rappresentò “con ogni splendore” la tragedia “Le Etnee”, scritta da Eschilo per commemorare la fondazione di Etna (presso l’odierna Catania) da parte di Ierone I l’Etneo. Sofrone, il mimografo siracusano dell’ultimo terzo del V secolo ricordava anche il nome dell’architetto di questo primo teatro siracusano, Demókopos, soprannominato Myrilla per aver fatto distribuire degli unguenti (“myroi”) in occasione dell’inaugurazione. Il teatro è ricordato nel 406 a.C., al tempo di Dionisio, che vi fece certo rappresentare i molti drammi da lui stesso scritti oltre che quelli dei tragediografi suoi contemporanei come Antifonte e Carcino il Giovane.
La struttura accoglieva non solo rappresentazioni drammatiche ma anche le assemblee del popolo.
LA CAVEA, quasi interamente scavata nella viva roccia, salvo le parti estreme superiori costruite con blocchi riportati, nel periodo di massimo splendore, (ellenistico), era formata complessivamente da 65 gradoni, dei quali 35 quella superiore, alti all’incirca quaranta centimetri e profondi complessivamente circa ottanta, dei quali, centimetri trentacinque costituivano il piano di seduta e i rimanenti centimetri quarantacinque un poggiapiedi profondo centimetri quattro che lo delimitava all’interno. Era suddivisa in 9 cunei e sovrastata da una terrazza con porticato ad L e da un colonnato semicircolare che contornava il perimetro unitamente ad un alto muro, del quale sono visibili ancora oggi i letti di posa.
Foto 176 - Polacco Anti, panoramica teatro antico - foto aerea -
Foto 175 Polacco -Anti
21 - Wenzel e Cavallari Napoli R.Lit. Militare 1840-Veduta pittorica del teatro
22 - Teatro greco oggi - foto aerea APIT
- Il complesso monumentale del Temenite
Tavola XXX (Polacco–Anti): Pianta generale del complesso monumentale del Temenite
Tavola IV (Polacco–Anti) L’elaborato altimetrico dell’architetto Alberto Carlo Scolari evidenzia la preesistente cavea ellenistica e le modifiche romane.
Tavola XXX (Polacco-Anti): Ricostruzione pianta Siracusa VI (epoca imperiale)
Saverio Cavallari 1883, Topografia archeologica.
Tavola XXXI (Polacco-Anti) Schizzo assonometrico di ricostruzione volumetrica
sul Temenite in età romana imperiale dell’architetto Scolari.
La cavea inferiore, fino all’ampio diazoma, (in età ellenistica aperto al posto dei preesistenti gradoni 28-29 e 30), era formata da 27 gradoni certamente ricoperti di marmo. Per adattarlo alle loro esigenze teatrali i romani allargarono l’orchestra diminuendo da quindici a dodici i primi gradoni che furono anche ridotti di dimensione con l’eliminazione dei poggiapiedi. Ricostruirono un nuovo edificio scenico, (forse a tre piani) e un palcoscenico mobile con accesso diretto degli attori da due “versurae”, scavarono le cripte laterali, aumentarono le vie d’accesso e d’uscita, (vomitoria), ai vari settori della cavea e risistemarono la tribuna centrale e quelle laterali, lastricando di marmo sicuramente tutta la parte inferiore del teatro. Delle incisioni in lingua greca, cuneo per cuneo, rimaste nel fregio che corona la parete del diazoma maggiore abbiamo quelle a Heracles, Zeus Olimpio, re Ierone II, Filistide e Nereide, figlia di Ierone e sposa di Pirro.
F. S.Cavallari: Incisioni nella parete del diazoma.
F. S.Cavallari: Disegni di frammenti di cornici e statue in pietra trovati nel teatro
Molti studiosi concordemente affermano che l’edificio scenico di Segesta venne costruito ricalcando quello già esistente a Siracusa, nella scultura ricostruito scala 1/100 circa anche in altimetria, sulla base della planimetria tavola XXX e tenendo conto del disegno di H. Wirsing
Disegno di H. Wirsing (1925):
Ricostruzione edificio scenico del teatro di Segesta.
Il fronte scena nella scultura, (ricostruzione congetturale), foto V. Accarpio.
L’edificio scenico nella scultura foto V. Accarpio
LA SCULTURA
Questa opera lignea, che non è un plastico e non voleva esserlo, sebbene realizzata tenendo conto degli studi Polacco-Anti in un corretto rapporto di misure, ma una “SCULTURA”, compendio di un escursus storico-archeologico a scopo umanistico più che scientifico, è un tentativo di dare una visione d’insieme di quello che fu uno dei più grandi teatri dell’antichità e contribuire alla sua conoscenza.
É stata realizzata assemblando ed incollando migliaia di tasselli di pregiate essenze di legno (noce, mogano faggio, iroko, abete, pino, ramen), distinguendo le parti esistenti e quelle mancanti con colorazione diversa per indicare le successive modifiche romane. Sovrapponendo blocchetti, non in scala per ragioni tecniche, simulando una possibile soluzione costruttiva, sono state ricostruite le mura e gli analemmata a partire dai letti di posa indicati dal Polacco, raddoppiando le altimetrie della balza rocciosa e della stessa cavea per ragioni estetiche e tecniche costruttive. I primi 24 gradoni sono stati suddivisi in due colori, il meno intenso, per indicare che i primi 12 sono quelli modificati dai romani. (vedi tavola IV allegata).
Da siracusano dello “scoglio”, d’antica generazione innamorata della sua terra, mi auguro di poter contribuire a far conoscere meglio la genialità di chi progettò e la maestria e le fatiche di chi edificò e rese grande l’antica Siracusa.
Da artista spero di suscitare emozioni con questa opera, iniziata nel mese di Gennaio 2005 e completata nel mese d’Agosto, che dedico alla mia città e a tutti coloro che l’amano e si battono per la sua rinascita.
Antonio Randazzo
La scultura: Veduta prospettica da Sud, foto A Randazzo.
Vista anteriore dall’alto foto V. Accarpio
Vista posteriore dall’alto, foto A Randazzo.
Veduta da Sud-Ovest: Particolare del porticato, del colonnato e degli analemmata (ricostruzione congetturale) foto V. Accarpio.
La scultura: veduta da Ovest - Sono visibili gli ingressi alle cripte,
le tribune laterali, le “versurae” e le parodoi -
Veduta da Est, foto V. Accarpio
topografia del tedesco drogemuller
Più di questo non ho saputo fare, imparerò. Ciao a tutti Antonio