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L'apollonion di Siracusa

Discussioni sul patrimonio storico/culturale di questa importante provincia ricca d'arte

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L'apollonion di Siracusa

Messaggiodi antoniorandazzo il 16 dic 2007 08:13

Ho pensato di postare nel mio hosting una serie di immagini recenti del tempio di apollo eseguite da Vincenzo Accarpio, ed ho trascritto il codice d'accesso per chi fosse interessato a visionare la sequenza. Ciao a tutti Antonio
p.s.Non potevo evitare di spaparacchiarmi aggiungendo la mia scultura, chiedo umilmente scusa per la mia poca modestia Potete fare il confronto con quello esposto al museo Paolo Orsi.

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Messaggiodi acid il 16 dic 2007 13:08

Ottima ricostruzione! :P

Su uno dei gradini del lato Est è incisa un’iscrizione di dedica ad Apollo e vi si può leggere anche il nome dell’architetto, caso molto raro per un tempio greco:
"Kleomenes (o Kleomedes), figlio di Knidieidas, fece ad Apollo (il tempio) ed Epikles (fece) i colonnati, opere belle":

Quindi ciò smentisce che il tempio fosse dedicato ad Artemide, come è possibile leggere in un passo di Cicerone?
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Messaggiodi antoniorandazzo il 16 dic 2007 16:41

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ecco l'iscrizione visto che piace aggiungero altre immagini. Potete notare le somiglianze con il tempio di Corinto, ultima foto, e gli schemi da me utilizzati, ipotesi Cultrera, per realizzare la scultura in perfetta scala. Ciao a tutti e grazie ad acid per i complimenti
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Immagine Tempio di Corinto la città di origine dei primi greci giunti a Siracusa, di recente gemellata. Antonio
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Messaggiodi corradom il 17 dic 2007 11:57

[.applauso.] Complimenti Antonio le tue opere sono bellissime, continui ha stupirci

BRAVISSIMOOOOOOOOOOOOOO!
[.applauso.]
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Messaggiodi antoniorandazzo il 17 dic 2007 13:00

Grazie Corradom sei troppo buono. Approfitto per confidarti un segreto che segreto non è. Da un anno, avendo intenzione di donare alcune opere che riguardano Siracusa, ho contattato tutti i personaggi possibili della nostra città, politici e persone di cultura, alcuni pseudo tali. Tutti bravo bravo ma senza seguito. Indovina chi mi ha risposto per iscritto? Ti risparmio lo sforzo. Ho ricevuto educatamente riscontro dal Ministero Beni Culturali, attraverso la direttrice, con la quale ho chiarito che erano stati coinvolti solo per smuovere gli ignavi enti locali, assessorati vari e soprindendenza.
L'assessorato Regionale ha inviato alla soprindendenza di Siracusa, richiesta, che io ho avuto per conoscenza, con la quale richiede di contattarmi ed inviare poi dettagliata relazione anche fotografica, indicando la scelta della destinazione d'uso delle opere. La lettera è di circa un mese fa e nessuno si è fatto vivo. Sono contento di questo così avrò possibilità di sollevare una questione attraverso Sole ventiquattrore, Corriere della Sera e tutti i maggiori giornale d'Italia. Ti allego foto delle opere così tutti potranno sapere di cosa parliamo. Ciao Antonio
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Messaggiodi Evaluna il 17 dic 2007 13:28

Costruito dai colonizzatori greci nel VI° secolo a.c., è probabilmente il più antico tempio dorico della Sicilia.
Della struttura (m. 58.10x24.50) originaria, che comprendeva 6 colonne sui lati brevi e 17 sui lati lunghi, sono rimaste in piedi 2 colonne del lato sud, con parte dell'epistilio, e altre colonne sullo stesso lato e sul frontone Est. Il basamento ad Occidente è stato restaurato. Le colonne erano alte m.6.62 (il solo fusto) con un totale in altezza di m.7.98 con il capitello. La parte superiore del tempio era rivestita di terracotta e alcuni frammenti dell'acroterio centrale in pietra si conservano al Museo di Siracusa.

Su uno dei gradini del lato Est è incisa un'iscrizione di dedica ad Apollo e vi si può leggere anche il nome dell'architetto, caso molto raro per un tempio greco. Al Museo di Siracusa è possibile vedere un modellino completo del tempio ed un video che ci mostra anche le parti interne della costruzione.

Il tempio subì molte trasformazioni durante i secoli. Fu prima chiesa bizantina, poi moschea araba (è possibile notare iscrizioni arabe sul muro della cella), quindi chiesa Normanna del Salvatore, su un livello più alto, ed infine fu caserma spagnola, all'interno della quale fu scoperto nel 1860. Venne interamente riportato alla luce tra il 1938 ed il 1942.


Fonte : http://www.ibmsnet.it/siracusa/apollo.html



Il Tempio d'Apollo è uno dei monumenti più belli della nostra città. Posto all'inizio dell'isola di Ortigia è un reperto suggestivo e dall'enorme importanza storico-architettonica, testimonianza degli antichi fasti della Syracusae greca. :wink:
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Messaggiodi antoniorandazzo il 17 dic 2007 14:19

Brava Eva continua ad aggiornare. Proprio a partire dalla cultura della conoscenza possiamo sperare in una vera rivoluzione culturale. Approfitto per allegare alcune altre immagini dimenticate prima.
p.s. ogni opera è corredata da un libretto molto interessante se volete posso inviarli a spezzoni Ciao a Tutti Antonio
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Chiarisco il motivo della richiesta di donazione GRATUITA. Ritengo che ogni opera esposta nel sito di pertinenza potrebbe meglio contribuire a far conoscere il nostro patrimonio archeologico. Sono proprio "LLOLLO" vero?Citato da Eva
Al Museo di Siracusa è possibile vedere un modellino completo del tempio ed un video che ci mostra anche le parti interne della costruzione.
ImmagineSul modellino esposto al museo da te citato Eva meglio stendere un pietoso velo. Mi assumo tutte le responsabilità ciao Antonio
Ultima modifica di antoniorandazzo su 17 dic 2007 16:56, modificato 1 volte in totale.
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Messaggiodi antoniorandazzo il 17 dic 2007 16:50

Si trascrive dal n.13 * - guide archeologiche La Terza - SICILIA - Siracusa e il suo territorio di F.Coarelli - M.Torelli.
Poco a est del ponte che unisce l’isola alla terraferma, nel largo XXV luglio, sono i resti imponenti del tempio di Apollo.
L’identificazione del culto è assicurata dall’iscrizione incisa su uno dei gradini, Sulla faccia verticale del gradino più alto del lato est, a sinistra, è incisa un’iscrizione arcaica, lunga circa 8 m, certamente contemporanea alla costruzione (la scala centrale di accesso ne tenne conto, ed è quindi posteriore). Il testo, che presenta alcune difficoltà, si può tradurre così: « Kleomede fece per Apollo (il tempio), il figlio di Knidieidas, e alzò i colonnati, opere belle ».
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ma nonostante questo l’edificio è stato attribuito anche ad Artemide, in base a un passo di Cicerone già citato in prece¬denza, secondo il quale tra i molti templi che esistevano nell’isola i più notevoli erano quelli di Diana e di Minerva. Tale notizia è stata meccanicamente riferita alla situazione attuale di Ortigia, dove esistono in effetti i resti di due templi, il nostro e quello incluso nella Cattedrale, identificato con il tempio di Atena. é però evidente che Cicerone può benissimo riferirsi, quando parla del tempio di Diana, a un edificio scomparso. Sulla questione tor¬neremo a proposito del tempio di Atena: in ogni caso, non v' è motivo di conservare, per il nostro tempio, l’attribuzione a Arte¬mide, e neppure è accettabile la soluzione di compromesso che collega l’edificio ad ambedue i culti, sulla base di una presunta affinità tra di essi. È nota l’importanza del culto di Apollo a Co¬rinto, madrepatria di Siracusa (dove si conserva un tempio del dio assai simile a quello di Siracusa). Il tempio, incluso entro un quartiere medievale, è stato liberato definitivamente tra il 1933 e il 1943.
Sono conservate in piedi due colonne del lato sud, con un tratto dell’epistilio, e i tronconi delle altre colonne su questo stesso lato e sulla fronte est. Resta anche un tratto del muro della cella a sud. Il tratto occidentale del basamento è di restauro.
L’edificio, molto allungato (m 58,10 x 24,50), come del resto tutti i templi arcaici di Sicilia, è costruito in blocchi di arenaria, e poggia su poderose costruzioni in opera quadrata, profonde 2,30 m.
La peristasi comprendeva 6 colonne sui lati brevi e 17 sui lati lunghi, con enfatizzazione appunto della dimensione lon¬gitudinale. Le grandiose colonne monolitiche (a volte completate con tasselli di riporto) misurano, con il capitello, 7,98 m d’altezza (i soli fusti 6,62) per un diametro di 2,02 m (colonne di facciata) o 1,85 (colonne dei fianchi): ognuna di esse pesava circa 40 ton-nellate.
Gli intercolumni sono strettissimi (il tempio quindi si defi¬nisce tecnicamente « picnostilo ») e variano considerevolmente, dai 3,33 m dei fianchi ai 4,15 dell’intercolumnio centrale della facciata, (gli altri della facciata sono tutti diversi tra loro). Sui lati lo spa¬zio tra le colonne è addirittura inferiore al diametro dei fusti. Ne risulta l’impossibilità di realizzare un rapporto di euritmia con il fregio: i triglifi, cioè, non cadevano in corrispondenza dei dia¬metri delle colonne. Come sempre nei templi più arcaici, l’archi¬trave era altissimo: 2,15 m, oltre un quarto dell’altezza delle colonne. L’architrave è internamente incavato, e in origine era completato in legno: altra caratteristica di grande arcaismo.
La parte alta del tempio era decorata da splendidi rivestimenti di terracotta,
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Frammenti conservati presso il Museo Regionale P.Orsi
e di terracotta era anche la decorazione centrale del frontone, un Gorgoneion alto 1,70 m, e probabilmente gli acro¬teri laterali (forse delle sfingi).
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In pietra era invece l’acroterio centrale, una figura di cavaliere di cui si sono conservati alcuni frammenti.
Ricostruzione di un gorgoneion e di un cavaliere
-frammenti conservati presso il Museo Regionale P.Orsi
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Il complesso centrale del tempio (sekòs), lungo 37,20 e largo 11,60 m, era preceduto da un secondo colonnato, che sottolineava enfaticamente la facciata principale: come in molti templi arcaici della Sicilia, infatti, l’aspetto della frontalità è molto accentuato, e corrisponde all’assenza dell’opistodomo, simmetrico al pronao nei templi greci, che è sostituito da un àdyton aperto verso la cella. Questa era anch’essa molto allungata (24,60x 11,60 m), e suddi-visa in tre navate da due file di 7 colonne su due piani, delle quali sono stati scoperti pochi resti.
Sulla faccia verticale del gradino più alto del lato est, a sinistra, è incisa un’iscrizione arcaica, lunga circa 8 m, certamente contemporanea alla costruzione (la scala centrale di accesso ne tenne conto, ed è quindi posteriore). Il testo, che presenta alcune difficoltà, si può tradurre così: « Kleomede fece per Apollo (il tempio), il figlio di Knidieidas, e alzò i colon¬nati, opere belle ». Si tratta di uno dei rari casi in cui si conosca il nome dell’architetto, il quale sottolinea l’importanza del colon¬nato in pietra, opera per quell’ epoca eccezionale. Il tempio, infatti, è certamente il più antico periptero dorico della Sicilia, e uno dei più antichi conservati in assoluto, ispirato, con varianti locali, all’architettura di Corinto (assai vicino è appunto il tempio di Apollo di Corinto).
La cronologia può essere fissata al primo quarto del VI sec. a. C.
Sui lati sud e ovest sono conservati resti del muretto che deli¬mitava il témenos (area sacra) del santuario. Inoltre, a ovest, sono visibili i resti di una torre e di un tratto di mura, probabilmente bizantine, che si addossarono al tempio.
Nelle immediate vicinanze del tempio di Apollo doveva essere un santuario di Esculapio: nel 1901 furono scoperte infatti in piazza Pancali due statue di età romana, una delle quali rappre¬senta Igea, e nell’apertura di via del Littorio fu recuperata un’iscri¬zione greca che ricorda un medico, certamente proveniente dallo stesso santuario, la cui esistenza a Siracusa è menzionata da Cicerone¬
(Verrine, Il 4, 127) e da Ateneo (XV 693 h; cfr. Polieno, Stra¬tegemata V 2, 19), che lo ricorda come esistente al tempo di Dio¬nigi il Vecchio. Cicerone cita, in particolare, una statua del tempio di Esculapio rubata da Verre: si trattava di un simulacro di Paiàn, divinità della medicina in seguito identificata con Apollo, di cui il nome Paiàn divenne un epiteto (ma Paiàn è anche un epiteto di Asclepio). Sembra evidente uno stretto rapporto, non solo topo¬grafico, ma anche cultuale, tra l’arcaico santuario di Apollo (dio in possesso di qualità mediche) e quello adiacente di Esculapio.
Il complesso sacrale più importante dell’isola è però quello che sorgeva proprio al centro di Ortigia. nel punto più elevato, dove il Duomo ne ha conservato in parte i resti. È da sempre visibile, inglobato nelle strutture della chiesa, il grande tempio dorico, iden¬tificato con l’Athenaion. Scavi effettuati tra l’inizio del secolo e anni recenti nei paraggi del Duomo, del retrostante Arcivescovado, e sotto il vicino Palazzo Vermexio, sede del Municipio, rendono oggi possibile una conoscenza sufficientemente dettagliata dell’area sacra e delle sue fasi. Fin dall’inizio dell’insediamento greco una parte di quest’ area sembra esser stata riservata a scopi di culto.
Il primo edificio monumentale, un tempio arcaico di stile do¬rico, databile nei decenni centrali del VI sec. a. C., occupò la stessa area del periptero classico ancora conservato. Se ne raccolsero alcune parti negli scavi effettuati tra il 1912 e il 1917: elementi architettonici, terrecotte, e una parte dell’altare. Poco dopo l’inizio del V secolo, come si deduce dai dati stratigrafici, quest’ edificio fu demolito e sostituito con il tempio attuale, che si può attribuire con certezza al periodo dei Dinomenidi, e più probabilmente al primo di essi, Gelone. Molte caratteristiche architettoniche e deco¬rative accomunano l’edificio al tempio della Vittoria di Himera. È dunque probabile che i due templi siano stati costruiti contem¬poraneamente, e per la stessa occasione, da identificare con la stessa vittoria di Imera sui Cartaginesi, che tanta gloria e tante ricchezze procurò a Siracusa
Scrive Giorgio Gullini sull’Apollonion di Siracusa nel volume:
L’ARCHITETTURA TEMPLARE GRECA IN SICILIA DAL PRIMO ARCAISMO ALLA FINE DEL V SECOLO
Credo di aver dimostrato come questo tem¬pio debba datarsi intorno al 600 a. C. e come esso ci offra il più antico esempio conservatoci di una peristasi lapidea con colonne monoli¬tiche — il che spiega l’esaltazione delle « belle opere del colonnato » incisa sul crepidoma del lato orientale. L’ascendenza ionica dell’ar¬chitetto Kleomenes, assicurataci dal patronimico, si esprime nella variazione degli interassi della fronte (fig. 5), tipicamente ionica. Nello stesso tempo, però, è evidente una elaborazione propria della Grecia continentale—e più ancora, in modo particolare, dell’area siceliota — per ciò che concerne la soluzione della copertura basata sulla funzione portante della doppia fila di colonne all’interno della cella, colonne che pen¬siamo fossero lignee.
Ilcarattere monumentale è affidato alla peri-stasi lapidea, primo esempio in Occidente se non in assoluto nell’architettura greca, che rivela non solo una scelta espressiva, ma anche un’avan¬zata capacità organizzativa e tecnologica. Basta pensare al complesso e impegnativo lavoro, ad esempio, di cavare, trasportare e rizzare colonne monolitiche nonché a quello di mettere in opera i blocchi con sezione ad L dell’architrave. Si comprende come Epiklés potè vantarsi di aver compiuto una simile impresa.
Nel contempo l’orditura lignea a sostegno del tetto comprendeva ancora il fregio cui era affidata la fondamentale funzione di cor¬dolo di collegamento per raccogliere ed annul¬lare la spinta dei puntoni gravati dal notevole peso delle tegole. Per calcolo ed esecuzione un lavoro eccezionale di « tectones », indubbiamente resi esperti dalla consuetudine a lavori di car¬penteria navale. Non dimentichiamo, inoltre, la tecnica del rivestimento fittile che ribalta, sulle parti verticali ancora lignee, L' impermeabilizza¬zione del tetto in cotto traendone eccezionali nuovi risultati sul piano decorativo e della valu¬tazione finale dell’edificio. Nasce così una delle forme più caratteristi¬camente siceliote tra le terrecotte architettoniche, quella della cassetta la cui invenzione siracusana,
Non mi sembra si possa supporre che la lavora¬zione ad L dei blocchi dell’architrave non sia originaria. vero che solo un blocco è superstite, ma le caratte¬ristiche del taglio, e soprattutto la presenza del raccordo nell’angolo interno, escludono che possa trattarsi del risultato di una rilavorazione, connessa con i vani reim¬pieghi delle strutture del tempio negli edifici che in diverse epoche vi si sono inseriti. Negli anni intorno al 600, mi pare pressoché certa proprio sulla base delle terrecotte del¬l’ Apollonion e di quelle dell’Athenaion di Ortygia che precedono, sia pure di poco, quelle di Gela 23 (gruppo A e C della classifi¬cazione di Bernabò Brea). Queste ultime ci danno, con la serie di almeno otto fregi, una esemplificazione che si distribuisce nell’arco di oltre un secolo e che rappresenta un aspetto, non certo secondario, dell’edificio templare sice¬liota, anzi quello che lo caratterizza in modo inconfondibile.
I rivestimenti fittili hanno costituito, nella ricerca archeologica, per la loro relativa abbon¬danza e per la loro colorita vivacità, un impor¬tante surrogato di strutture architettoniche, sog¬gette più facilmente alla distruzione mediante il riutilizzo della pietra e quindi assai poco leggibili. L’impostazione analogica e classifica¬toria, tradizionale in archeologia, ha portato alla costituzione di tipologie e di schemi d’inquadra¬mento in cui le terrecotte architettoniche entrano allo stesso modo di altri fittili, come i prodotti ceramici, poiché si prescinde dalla loro funzio¬nalità e dal riferimento all’edificio, in particolare al tetto, che rivestivano e decoravano. Non vogliamo qui pertanto soffermarci su questo aspetto dell’architettura templare se non per sottolineare la funzionalità e l’originalità d’in¬terpretazione.
Essa riflette, nelle notevoli dimensioni dei pezzi degli edifici maggiori, una tecnica raffi¬nata e la presenza abbastanza diffusa, almeno nelle maggiori colonie, di un avanzato artigia¬nato figulino in condizione di accogliere l’in-dubbia invenzione siracusana e di applicarla con soluzioni talvolta originali. Oltre a Gela è il caso delle terrecotte arcaiche di Agrigento e di quelle di Selinunte.
In una sezione del Museo Regionale P. Orsi di Siracusa è esposto un plastico in resina chiamato tempio di Apollo.
Le immagini che qui lo ilustrano non hanno bisogno di commenti.
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LA SCULTURA
Non è un plastico e non voleva esserlo sebbene realizzata in scala 1\50 circa tenendo conto della documentazione in premessa.
È un tentativo, a scopo didattico, di dare una visione d’insieme, ipotizzando una possibile soluzione tecnica costruttiva, del più antico tempio dorico della Sicilia e contribuire alla sua conoscenza.
Il tempio mostra la sua natura sperimentale per la genialità di alcune soluzioni tecniche innovative, (l'architrave ad L destinato a reggere e compattare le travi di tenuta verticali, a loro volta supporti del tetto, insieme alle colonne interne e alle mura della cella.
La tradizionale suddivisione delle colonne, complessivamente 78, fusto, collarino, echino e abaco è evidenziata da diversa colorazione così come è evidenziato il differente diametro delle colonne interne di m. 1,30, di quelle laterali di m.1,85 e di quelle frontali di m. 2,02.
Le mura della cella così come la copertura del tetto sono lasciate incomplete per consentire la visione del colonnato interno e della struttura portante.
Il color nocciola, Bahja, è stato utilizzato per le strutture in legno ( il tavolato di copertura e le capriate, sicuramente formate da doppie travi, non in scala per ragioni tecniche così come, i conci delle mura, il gorgoneion e le decorazioni in ceramica. L' ipotesi del Prof. G. Cultrera sulla doppia fila di colonne interne di pietra su due piani, confermata dalle soluzioni adottate per il tempio di Paestum, della stessa epoca circa del nostro, è sicuramente più credibile e logica di quella evidenziata nel plastico esposto al Museo P.Orsi perchè la notevole altezza, oltre 12 metri, e l'enorme peso delle tegole (circa 4 Kg. cadauno), avrebbero provocato una fortissima flessione di travi anche di notevole spessore e, comunque, difficilmente reperibili a quel tempo.Immagine
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Per adesso credo che bastino. Ciao a Tutti Antonio
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Messaggiodi Evaluna il 17 dic 2007 17:29

antoniorandazzo ha scritto:Sul modellino esposto al museo da te citato Eva meglio stendere un pietoso velo. Mi assumo tutte le responsabilità ciao Antonio


Effettivamente... :roll: non è un granchè ma per fortuna le immagini inserite da te danno una visione più fedele e completa di come doveva essere il Tempio ai tempi della sua creazione. :wink:

Un'altra particolarità del tempio è che questo venne costruito ( in parte o tutto ) con la pietra calcarea locale, la cosiddetta "giuggiulena". :roll:

Antonio, puoi dirci qualcosa in merito a questo particolare materiale ?! :roll:
Ultima modifica di Evaluna su 17 dic 2007 17:46, modificato 2 volte in totale.
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Messaggiodi antoniorandazzo il 17 dic 2007 17:43

Alcuni studiosi dicono che le colonne monolitiche vennero prelevate da cave nella zona di Massa oliveri. Riferirò altro dopo aver interpellato il Dott. Roberto Mirisola, insigne studioso siracusano, mio amico. Per il momento ciao a tutti Antonio
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Messaggiodi antoniorandazzo il 21 dic 2007 17:12

Evaluna ha scritto:
antoniorandazzo ha scritto:Sul modellino esposto al museo da te citato Eva meglio stendere un pietoso velo. Mi assumo tutte le responsabilità ciao Antonio


Effettivamente... :roll: non è un granchè ma per fortuna le immagini inserite da te danno una visione più fedele e completa di come doveva essere il Tempio ai tempi della sua creazione. :wink:

Un'altra particolarità del tempio è che questo venne costruito ( in parte o tutto ) con la pietra calcarea locale, la cosiddetta "giuggiulena". :roll:

Antonio, puoi dirci qualcosa in merito a questo particolare materiale ?! :roll:

Come ho già scritto, secondo gli studiosi, credo Paolo Orsi, Il mare si è innalzato e la terra si è abbassata e quindi nel fondo del mare nella zona di "PUNTA MOLA", una foto è oggi in prima pagina sul quotidiano Sicilia la raffigura, vi sono cave del materiale in questione. Tutta quella zona fino alla grotta "pillirina" è materiale "giuggiulena", (arenaria) cioè pietra formatisi con materiale sabbioso, subito dopo è calcare normale. Essendo stati trovati tagli lunghi e squadrati come le colonne, si pensa che da li furono cavate le dette colonne del tempio di Apollo che poi furono trasportate via mare con zattere. Ciao Antonio
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L'apollonion di Siracusa dal mio numero unico

Messaggiodi antoniorandazzo il 04 ott 2008 07:16

Ecco a Voi, ma sopra tutto per coloro che amano l'arte e la cultura nel più completo significato del termine, il file pdf L'Apollonion che recentemente ho pubblicato nel mio sito http://www.antoniorandazzo.it.
Buona lettura
http://www.antoniorandazzo.it/il%20temp ... %20PDF.pdf
Quando una menzogna ha già fatto il giro del mondo, la verità deve ancora calzare gli scarponi, ma prima o poi trionfa
http://www.antoniorandazzo.it/
http://www.associazionenazionalecarabin ... racusa.it/
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Re: L'apollonion di Siracusa

Messaggiodi acid il 04 ott 2008 09:46

Ottimo lavoro. [.accordo.]

Intorno al XVII secolo, quando era insomma caserma spagnola del Quartiere vecchio, si "sovrappose" la chiesa della Madonna delle Grazie, che venne poi demolita nel secolo successivo.
E' corretto? E quali cambiamenti comportò?

Fu anche un peccato che gli scavi più moderni risalenti al 1942, a causa della loro profondità, si rivelarono nocivi, per il ristagno dell'acqua nell'area...
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Re: L'apollonion di Siracusa

Messaggiodi antoniorandazzo il 09 ott 2008 01:47

In verità sulla chiesa citata della Madonna delle Grazie non ho notizie, forse fid o qualcun'altro potrà informarci.
Forza ragazzi a voi contribuire a diffodere la memoria storica su Siracusa
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Re: L'apollonion di Siracusa

Messaggiodi corradom il 10 ott 2008 19:02

Madonna delle Grazie: La StoriaUna data di riferimento fondamentale per ricostruire le vicende dell'edificazione del Santuario della Madonna delle Grazie è il 4 Maggio 1615 quando, sulla pendice della collina di Monserrato, in un cespuglio di bosso che bruciava, fu rinvenuta, miracolosamente intatta, la sacra immagine della Madonna col Bambino dipinta su una tavola d'ardesia. Nell'intercapedine tra la chiesa ed il costone della collina è visibile, ancora oggi, un'edicola murata sulla parete dove, secondo la tradizione, fu ritrovato il dipinto.

L'evento si rivelò a tal punto straordinario che si decise di erigere una chiesa dedicata a Maria; per la realizzazione del progetto fu interpellato l'architetto siracusano Vincenzo Mirabella Alagona, sotto la cui direzione cominciarono i lavori. Il Santuario venne intanto affidato alla Confraternita del Bossolo, così denominata dal cespuglio in cui era stato ritrovato il dipinto; della Confraternita però non si hanno più notizie già nel Settecento. In seguito all'epidemia di peste del 1626, i Giurati e i Consiglieri dell'Università di Modica patrocinarono l'elezione della Vergine a "Patrona della città" presso il Metropolita di Siracusa, che concesse tale riconoscimento il 29 luglio 1627. Della Custodia del Santuario si occuparono in seguito i Padri Minimi di San Francesco di Paola che furono ospitati nel piccolo convento eretto accanto al Santuario: fino al 1645, anno in cui si trasferirono nella chiesa costruita in un luogo poco distante, sullo stesso costone della collina. Nel 1646 la chiesa fu affidata ai preti secolari, dal 1650 vi presero dimora i Padri Carmelitani Scalzi. Il 30 Ottobre 1681 vi si insediarono i Padri Mercedari che, oltre ad officiare i riti nel Tempio, ebbero l'incarico di erigere un nuovo convento che rispondesse a criteri estetici e funzionali più consoni all'importanza dell'Ordine; ma poiché i costi erano troppo elevati e le risorse scarse, i religiosi desistettero.

L'imponente edificio venne costruito solo nel 1718, quando si verificò l'intervento dei Giurati della Città e dei Procuratori della Chiesa, che concessero ai religiosi una rendita annua di 120 once per il loro sostentamento e per la realizzazione dell'opera: ciononostante, dato il cospicuo impegno finanziario richiesto anche alla Chiesa, si decise di rimandare il completamento dei lavori e l'edificio, che in seguito fu chiamato Lazzaretto, perché durante il XVIII secolo vi vennero ricoverati gli appestati delle epidemie, restò incompleto. All'arricchimento decorativo del tempio contribuì tutta la popolazione modicana; lo stesso architetto Mirabella, morto nel 1624, nel testamento dispose la vendita delle sue "anticaglie" a favore dell'istituzione di una rendita perpetua di cui potesse godere la Chiesa. I Padri Mercedari ebbero cura del complesso religioso fino al 1866 quando il convento diventò di proprietà comunale, nonostante l'opposizione della chiesa di San Pietro che accampava diritti su di esso. Il Santuario venne affidato al prete Enrico Bonomo.

Nel 1902 le Piccole Suore adibirono il convento ad Ospizio di Mendicità, mentre la chiesa fu affidata a Rettori scelti fra i preti modicani. Nel 1905 ritornarono i Padri Mercedari che si stabilirono nel piccolo convento vicino, poichè l'antico edificio era destinato ormai all'uso di Lazzaretto. Nel 1912 la chiesa di S. Pietro affidò definitivamente ai Padre Mercedari l'amministrazione del Santuario. Il 22 Luglio 1914 il Capitolo Vaticano, su richiesta di padre Giovanni De Nisco dei Mercedari, decretò l'incoronazione dell'immagine della Madonna delle Grazie.

Nel 1960 i Padri Mercedari lasciarono il santuario che fu affidato a sacerdoti diocesani. Nel 1979 la chiesa fu eretta a parrocchia e primo parroco fu nominato don Carmelo Cappello. L'8 ottobre 2000 il Vescovo Mons. Malandrino nomina parroco don Umberto Bonincontro, istituendo l'Unità Pastorale comprendente il Santuario della Madonna delle Grazie, la Chiesa del SS. Salvatore e la Chiesa di San Paolo al Carmine.
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