LA CAFFETTIERA
Anticamente il caffè veniva acquistato dalle famiglie siracusane in chicchi
che dovevano essere successivamente macinati e si adoperava u macinacafè:
Alcune volte si acquistava anche il caffè non tostato, o i meno abbienti l’orzo, come surrogato del caffè:
la tostatura avveniva in casa con un recipiente adatto chiamato atturracafè:
La mattina per degustare una buona tazza di caffè si doveva accendere il carbone e non sempre era una facile impresa!
Infatti i fiammiferi d’allora, i cosidetti surfareddi, non sempre si accendevano, soprattutto nelle giornate di scirocco.
Se andava bene, si dava fuoco alla paglia o ad un giornale accartocciato messi sotto il carbone poi, con dei colpi ben assestati di ventaglio detto sciusciarolu, si doveva ben alimentare e tener vivo il fuoco, talvolta con moltissimi colpi di ventaglio.
Altra soluzione più sbrigativa era l’uso della “spiritera” che in tutte le case era usata come fornellino per la bollitura di piccole dosi di acqua:
Quando era ben attizzato, col caffè macinato precedentemente, si riempiva la napulitana, caffettiera in alluminio usata nelle famiglie.
Questa era formata da due parti provviste di manici, la parte bassa veniva riempita d’acqua e all’interno di essa,
non a contatto con l’acqua, veniva poggiato il filtro con il caffè.
La parte alta, provvista di beccuccio, diveniva la parte bassa non appena l’acqua giungeva ad ebollizione,
in quanto la caffettiera veniva capovolta, e lì, pian piano, passando attraverso il filtro,
l’acqua diveniva caffè espandendo il suo aroma per tutta la casa annunciando ai suoi abitanti che un nuovo giorno era iniziato!