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Necropoli greche di Siracusa

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Necropoli greche di Siracusa

Messaggiodi Fid il 02 lug 2007 00:21

vi riporto questo interessante contributo di Isabella Di Bartolo su il rinvenimento di nuove necropoli in zona Santa Panagia

Com’era Siracusa nel V secolo a.C.
LA NECROPOLI GRECA DI VIALE SANTA PANAGIA.

Camminavamo sopra una necropoli di epoca greca. Oggi, dopo diciassette anni dalla sua scoperta, la studiamo per scoprire quale era la vita sociale di quel tempo a Siracusa. Ed i risultati sembrano essere davvero interessanti.
Nonostante il territorio aretuseo sia stato oggetto, nell’ultimo secolo, di minuzioso studio e di analisi dal punto di vista sia archeologico che storico, la recente scoperta di una necropoli greca sita tra viale Santa Panagia e via Mazzanti offre la possibilità di porre l’attenzione sull’aspetto sociale degli antichi abitanti di Siracusa.
Nel dicembre del 1988 in occasione di alcuni lavori di ampliamento e sistemazione avvenuti in viale Santa Panagia, una tra le arterie nodali del capoluogo aretuseo, vennero alla luce nell’area in questione interessanti elementi di carattere archeologico. Nei pressi della odierna chiesa della Madre di Dio furono rinvenute alcune tombe scavate nella roccia datate, secondo il corredo funebre in esse conservato, tra la fine del VI e l’inizio del V secolo a.C.
Alla luce del rinvenimento la Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Siracusa, allora diretta da Giuseppe Voza, decise di iniziare una campagna sistematica di scavi la cui direzione scientifica venne affidata all’archeologo Lorenzo Guzzardi.
Fu proprio Guzzardi che proseguì le attività di ricerca, protrattesi sotto la sua direzione sino al 1999 ed in corso ancora oggi, con straordinari risultati per la storia del capoluogo aretuseo. Le indagini archeologiche misero infatti in luce complessivamente circa trecento tombe di differenti tipologia, molte delle quali complete del proprio corredo funerario, i resti delle fondazioni di un antico edificio e tracce di una carraia, ovvero la strada anticamente percorsa dai carri.
Gli scavi hanno scoperto una vera e propria necropoli greca, affermazione che trova anche piena conferma nei risultati di alcune ricerche svolte dalla Soprintendenza nel 1959 che accertarono, nello stesso sito, alcuni interessanti resti di una necropoli datata in età classica.
Nel corso del XIX secolo sono state circa dieci le scoperte di aree sepolcrali a Siracusa appartenenti all’età greca, ma le loro condizioni ed il contesto abitato entro il quale furono rinvenute non hanno consentito adeguate indagini di scavo e analisi archeologica; contrariamente a quanto è accaduto con la necropoli di Santa Panagia.
<<Una volta concluse le indagini lungo il viale Santa Panagia – afferma Lorenzo Guzzardi, che è oggi dirigente del servizio delle aree archeologiche Leontinoi-Megara Hyblaea, istituito dalla Soprintendenza siracusana – e dopo aver effettuato le necessarie attività di conservazione e restauro dei materiali pertinenti ai corredi tombali, abbiamo potuto perfezionare l’attività di documentazione. Attraverso lo studio dei materiali scheletrici e di corredo da noi fatto, è oggi possibile acquisire dati archeologici complessivi su taluni aspetti della storia sociale e demografica di Siracusa nell’età dei tiranni. Tutto ciò che desumiamo dalle indagini costituisce un’utile informazione complementare alle notizie tramandateci dalle fonti letterarie antiche>>.
Le numerose tombe, oggi circa trecento, individuate nella necropoli sono per la maggior parte tombe a fossa, scavate nella roccia calcarea ed entro le quali il cadavere risulta inumato (cioè direttamente posto nella tomba). Un primo dato che si rileva è appunto la predominanza nell’area in questione di questo tipo di sepoltura rispetto alle incinerazioni (o cremazioni, tipologie documentate soprattutto nei periodi più arcaici), in netto contrasto con quanto accadeva per esempio nelle necropoli gelesi dello stesso periodo o in quelle di Camarina.
Un’altra considerazione è la presenza di qualche sepoltura di bambini ad “enchytrismos”, ovvero all’interno di grossi vasi cinerari.
La generale uniformità delle sepolture, soprattutto nel settore centrale della necropoli, non fa emergere alcun tipo di gerarchia sociale; solo una tomba sembra indicare la sepoltura in essa di una persona di rango maggiore, forse un mercante, per la monumentalità della fossa e per l’eccezionalità del corredo consistente in due “alabastra” (vasi per unguenti) di marmo.
Nella necropoli si individuano casi di raggruppamento familiare, come mostra una serie di tombe in cui si scopre il cadavere inumato di una donna ed, accanto, la fossa di un bambino. Le sepolture dei neonati ci informano sul tasso di mortalità infantile che risulta non superiore alla media dell’antichità, circa 19,79 %.
Come accennato sopra, fondamentali per stabilire la cronologia dei rinvenimenti e per delineare un quadro generale della necropoli, sono i corredi funebri presenti all’interno e, talvolta, accanto alle varie tombe. Gli antichi greci, infatti, erano soliti deporre vicino al cadavere alcuni oggetti di uso quotidiano per accompagnare i defunti nell’oltretomba; nelle fosse di Santa Panagia sono, infatti, stati ritrovati vasi policromi, anfore ed unguentari che sono serviti agli archeologici per definire le caratteristiche degli individui sepolti: ovvero il loro sesso, l’età e la condizione sociale.
Nella necropoli sono, tuttavia, presenti anche un buon numero di tombe prive di corredo, alcune certamente a causa di rimaneggiamenti in epoca più o meno recente; l’assenza o l’esiguità del corredo tombale può dipendere infatti da diversi fattori e può anche essere letta come indice di variabilità funeraria.
<<Come era stato rilevato anche da Paolo Orsi – spiega l’archeologo Lorenzo Guzzardi -, le tombe di bambini risultano avere un corredo più copioso rispetto a quello degli adulti maschi. Un dato particolare è inoltre rappresentato da alcune tombe di donne senza corredo poste nel settore meridionale della necropoli, nei pressi di un probabile edificio sacro, si potrebbe ipotizzare che esse fossero sacerdotesse o devote ad uno specifico culto>>.
Lo studio dei resti scheletrici conservati nelle tombe dell’area sepolcrale forniscono informazioni sulle patologie sofferte dalla popolazione siracusana di età greca classica e sulla loro alimentazione. I dati rilevati mostrano che gli antichi abitanti del capoluogo aretuseo facevano eccessivo uso di carboidrati, cosa che potrebbe aver causato i frequenti episodi di infiammazione periodontali documentati dalle analisi dei resti, e documentano l’esistenza di malattie come l’anemia riconducibili, probabilmente, a epidemie di malaria.
La scoperta e lo studio scientifico della necropoli di viale Santa Panagia e della sua zona limitrofa risulta, quindi, particolarmente rilevante sotto vari aspetti.
In particolare, come accennato sopra, l’area di Santa Panagia riveste una grande importanza anche sotto il profilo urbanistico, aspetto ancora oggi oggetto di studio da parte degli archeologi. Risulta, difatti, un dato di grande valore conoscere il rapporto tra la necropoli e il resto della città, e quindi sapere quali fossero le modalità di collegamento tra le due zone. Le considerazioni topografiche desunte dallo studio dei vari settori della necropoli, danno un rilevante contributo proprio per definire il quadro urbanistico della città di età classica ed il rapporto di questa con le sue aree funerarie.
Solitamente le necropoli di epoca greca si sviluppavano lungo gli assi principali della viabilità esterna, così è quanto accade anche per quelle siracusane quali la necropoli del Fusco impiantatasi, secondo quanto scriveva nel 1980 Paolo Orsi, “al centro del quadrante di territorio interessato dalle due più antiche vie di collegamento di Siracusa con il territorio extra-urbano”, cioè la via Elorina e quella lungo il fiume Anapo.
Come sottolinea Lorenzo Guzzardi, l’esistenza di arterie stradali ha inciso nello sviluppo e nella dislocazione delle necropoli siracusane; ed anche il caso di viale Santa Panagia conferma che le tombe sorsero ai margini delle carraie, strade minori indispensabili affinchè i carri funebri potessero raggiungere i luoghi di sepoltura man mano che l’area funeraria si ingrandiva.

Isabella Di Bartolo
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