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Ricordi e continuo a sognare Ortigia in vernacolo

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Ricordi e continuo a sognare Ortigia in vernacolo

Messaggiodi antoniorandazzo il 14 nov 2007 04:46

Appena possibile posterò una locandina di ortigia con indicate le località invernacolo come conosciute dalla mia generazione. Chi fosse interessato ho ancora qualche locandina plastificata mi contatti per averla gratuitamente, intanto eccovi un piccolo glossario: Purtroppo negli ultimi cinquant’anni un bombardamento che ci ha “AMERICANIZZATI” o, comunque, colonizzati ha spazzato via ogni residuo di cul-tura popolare e parte del nostro modo di essere.
L’idioma popolare è appena sopravvissuto nei ricordi di pochi.
Già anni fa Ignazio Buttitta ebbe a scrivere che: " N POPULU DIVENTA POVIRU E SERVU QUANNU CI ARROBBUNU A LINGUA DUTATA DE PATTRI: È PERSU PI SEMPRI ”.
Abituato a “DIRE” con il “FARE”, nella convinzione che “bisonga operare oggi re-cuperando la memoria storica per poter impostare il futuro”, ho deciso di scrivere questo appunto per rivisitare le mie radici e riflettere sui passati errori.
E’ vero, un popolo rimane libero se accetta le sue origini e può dire la sua se capi-sce che siamo tutti “OSPITI” su questa terra. Accogliendoci così come siamo e, quindi, disponibili ad accogliere, da buoni ospiti,nel rispetto delle diversità, l’altro che qui giunge, il mondo può diventare più vivibile.
Non si può amare l’altro se non amiamo noi stessi ed a proposito di amore, non credo al colpo di fulmine, all’amore a prima vista, a quello che sembra nascere da un solo sguardo assassino anche se capisco che questo può suscitare emozione e può dare inizio ad un rapporto concreto e durevole.
A mio avviso l’amore è un’altra cosa anche se la parola amore è stata talmente banalizzata che ha perso il significato profondo che vorrebbe esprimere.
I nostri progenitori greci usavano il termine “AGAPICO” per indicare il livello più alto di quel sentimento, associandolo al bene spassionato che può avere una madre nei confronti del figlio al quale, senza nulla chiedere in cambio, dona tutta se stessa.
Non credo nemmeno all’amore che scaturisce dai legami di sangue, o solamente perchè si nasce dallo stesso ventre o nel caso specifico perchè si nasce in un cer-to posto, in un paese, una città, una nazione.
Non credo che si possa amare una persona o qualsiasi altra cosa senza conoscerla, frequentarla, senza penetrare nei più reconditi sentimenti di questa per apprezzarne comprendere accettare il tutto che la compone e contraddistingue. Un amore si costruisce a partire dalle cose che ci uniscono e ci attraggono.
Nel caso di una città, la nostra città come possiamo dire di amarla veramente se non abbiamo
mai camminato per i suoi vicoli, frequentato l’umanità che vive o conoscendo chi ha vissuto in quelle case se i nostri occhi hanno guardato distrattamente senza “VEDERE” le tante meraviglie che essa offre.
Una città non è fatta solo di monumenti o paesaggi ma è un tutto inscindibile con le persone che vi abitano.
Proviamo ad immaginare un casa arredata perfettamente ma senza la presenza di persone che vi vivono è un deserto che strazia il cuore. Così può sentirsi chi vede l’umanità distratta che circola per una città di oggi, disordinata, frettolosa, chiusa nel suo egoismo deteriore.
La città è quella che gli abitanti vogliono che sia e direi a partire dai capi famiglia, gli amministratori, collaborati da tutti indistintamente i cittadini. Si può apprezzare una cosa dopo averla “frequentata”.
Spesso sputiamo sentenze e giudichiamo solo per sentito dire dimenticando che quello che abbiamo sentito è frutto dei sentimenti o delle opinioni di chi ha detto e non la nostra convinzione e quindi ci lasciamo andare ad affermazioni gratuite che lasciano il tempo che trovano.
Chi ama soffre per l’altro o l’altra perchè amore si traduce in “volere il bene dell’altro”, la sua realizzazione il suo appagamento in una continua serie di atten-zioni che fortificano il rapporto affettivo. Nel rapporto dare e avere c’è già un limite al raggiungimento di obiettivi, altri e diversi dai fini egoistici che spesso animano la maggior parte di noi.
Il NOME è un vocabolo col quale si chiama e si conosce cosa o persona.
Pagine intere nei dizionari illustrano il significato del termine.
Un tempo l’attribuzione del toponimo ad una via o ad una località avveniva natu-ralmente attraverso l’indicazione del termine usato dal popolino che l’attribuiva per le caratteristiche stesse del posto, tenendo conto delle attività che vi si svolgevano, per le caratteristiche degli abitanti, per l’esistenza di un palazzo, una fontana, un’edicola votiva, un tempio, un vespasiano, una bottega, o semplicemente la conformazione del terreno.
Era un modo convenzionale e semplice che consentiva a chiunque di sapere che con quel nome voleva indicarsi quella cosa, quella località o quel personaggio compresa la discendenza e non altro.
Così avveniva anche per i nomignoli ( soprannomi) qui chiamati “’NGIURII” .
Su Siracusa e su Ortigia in particolare è stato scritto di tutto.
Storici, viaggiatori, letterati, hanno detto la loro facendoci conoscere quello che c’era da sapere erudendoci. Sono convinto che la cultura futura non può esimersi dal tenere conto della memoria storica, cosa che non sembra appartenere a chi oggi ne avrebbe il dovere.
A proposito di toponomastica un cambiamento radicale è avvenuto in tutte le città, particolarmente nella nostra. L’idioma popolare nella toponomastica, è appena sopravvissuto nei ricordi dei più anziani, almeno in coloro che fino agli anni sessanta erano “I SARAUSANI RO SCOGGHIU”.
Una caratterista del Siracusano e del suo vernacolo, che è unico e non assimilabile ad altri della Sicilia, è sempre stato quello di storpiare i nomi per portarli al proprio livello di percezione uditiva.
Ciò probabilmente anche a causa dello scarso livello culturale scolastico delle classi meno abbienti di quei tempi. In ogni caso tale operazione mnemonica con-sentiva di associare il termine a quel luogo indicato ben definito e circoscritto. E-sempio eclatante:
“A VANEDDA E PECURI” per Vicolo delle Pergole; “A VANEDDA CIUCCULATTI” per Vicolo Zuccolà, “A TINTURIA” per Via dei Tintori; “NTA ZZIPPULARA” per Via Scinà.
So bene che non si potrebbe scrivere come si parla ma, così farò, allo scopo di perpetuare, per quanto possibile, la proncuncia ed i suoni in vernacolo piuttosto che riportare il modo di scrivere scolastico della lingua siciliana tramandataci da tanti illustri letterati.
Allo scopo di conservare quello che non sembra sia stato mai scritto ho riportato su una piantina di Ortigia un elenco dei miei ricordi d’infanzia riferiti alla toponomastica popolare nell’idioma in uso a quel tempo, che qui trascrivo senza un preciso ordine alfabetico:
“O JADDU” zona riferita alle antiche fortificazioni. Forte del Gallo superiore e infe-riore allocati all’incirca uno ai calafatari e l’inferiore dietro la posta;
“U QUARTERI” l’attuale zona di Piazza Pancali perchè sul tempio di Apollo era in sito la caserma vecchia spagnola,( acquartieramento) ma anche perchè tutta la zona era denominata “ Vecchio quartiere”;
“A CASA CU N’OCCHIU”, l’antico carcere borbonico così chiamato dall’occhio scolpito sulla chiave di volta prospiciente il portone d’ingresso;
“NTI PILLUCCIU” rivendita di vino “ncantina” sita nei pressi della piazza dell’antico quartiere popolato da pescatori “raziedda”, da Madonna delle Grazie protettrice dei pescatori;
“U TALIU” da “taliari”, guardare. Passeggiata con vista panoramica sita di fronte al carcere borbonico, ( passeggio Talete);
“U CUTTIGGHIU E POCCI” serie di cortili alle spalle della Chiesa del Carmine do-ve sembra si allevassero animali domestici tra i quali i maiali;
“A CALATA GUVINNATURI” l’attuale via dell’Amalfitania abitata da “amalfitani”. Nel palazzo dell’Intendenza di Finanza aveva sede il Governatore;
“A VANEDDA A NIVI” Via del Consiglio Reginale. Vi erano diverse botteghe che vendevano bibite ghiacciate con essenze varie.
“O CONTARDU FERRINI” “Contardo Ferrini” degno religioso dal quale prese il nome la parrocchia del Duomo e quindi anche il campetto di calcio annesso sito nel giardino dell’ArciVescovo;
“A VANEDDA CIUCCULATTI” distorsione del toponimo “Vicolo Zuccolà”, traversa Via Capodieci- Via S. Teresa;
“A VANEDDA E PECURI” distorsione del toponimo “Vicolo delle Pergole” tra via Logoteta e la Giudecca;
“U SCOGGHIU RA MALA CARUTA “ scogli a mare particolarmente sducciolevoli nei pressi della Fonte Aretusa;
“U SCOGGHIU RE SIGNURINI” con discesa a mare dall’interno del Castello Ma-niace dove usavano bagnarsi le figlie dell’allora comandante la caserma;
" U SCOGGHIU E TEDESCHI” con discesa a mare dall’interno del Castello Maniace, lato cucine dove a quel tempo si bagnavano i soldati tedeschi li acquartierati;
“U RISTRITTU” il Distretto Militare aveva sede nel palazzo angolo Via S. Teresa con il lungomare e quindi la zona sottostante era chiamata,“sutta o ristrittu”;
“U SPIRITU SANTU” come per il Distretto essendo li l’antica Chiesa delle Spirito Santo;
“A TUBBA” antico quartiere medievale della Turba abitato dal popolo “turbolento” e comprendeva Via Roma, angolo Via Minerva, parte di Via del Crocifisso fino a mare. Per noi era solo la zona a mare;
“A JANCIA” Largo della Gancia. Il nome deriva dall’antico Monastero della Gancia a Palermo dove ebbero inizio i “vespri Siciliani”;
“A CANNAMELA” antica fortificazione della Cannamela, tra la Turba e Largo della Gancia. Il nome deriva dalla produzione dello zucchero di “Canna-Mela”: Anche una porta esistente un tempo nella zona della fontana Aretusa si chiamava “PORTA SACCARIA”, perchè sembra che da li entravano e uscivano i caricatori di sacchi di zucchero;
“U CUTTIGGHIU A PAMMA” ronco Palma, traversa di Via Alagona;
“E TRIRICI SCALUNI” rivendita di vino “”ncantina” alla Giudecca, traversa a destra verso “u dammusu” ;
“U DAMMUSU” zona Via Laberinto tra via Maestranza, angolo Prefettura a Via del Crocifisso;
“U CEUSU” Ronco del Gelso, in Via Mendoza traversa via Gargallo- Mastrarua “MASCIARRO” già Mastrarua attuale Via V. Veneto;
"U SCIVULUNI” Ronco Scivolone inizio Via Mendoza;
“A SANTACRUCI” Largo S. Croce, dall’antica Casa della S. Croce, attuale casa di Mariae delle Suore Orsoline in Via V. Veneto;
“U LIUNEDDU”dal leoncino posto all’angolo della casa precedente;
“FACCI RISPIRATA” attuale Belvedere S. Giacomo. Sono diverse le teorie in pro-posito una delle quali si riferisce alla disperazione dei familiari dei pescatori che attendevano il ritorno dei congiunti dalla pesca; altri l’attribuiscono ad un bassorilievo raffigurante una donna nell’atto di tenersi la testa; chi invece semplicemente ipotizza il voler andare a respirare aria fresca in quella piazza, (era in sito il bastione S.Giacomo);
“A FUNTANEDDA NOVA” vicino alla “batteria”, forte S. Giovannello vi era una fontana sorgente come in tanti altri posti in Ortigia;
“A SPAZZATURA” perchè il deposito generale della spazzatura era in un recinto attorno al forte precedente;
“O ZZUCCU” da un grosso pezzo di legno che si faceva bruciare e dove usavano andarsi a riscaldare i giocatori di carte che avevano perso tutto. Due erano i posti, uno vicino alla porta marina e l’altro al molo: Da qui il modo di dire di uno che per-de tutto “ SI NNI IU O ZZUCCU”;
“U NTRALLAZZU” zona del mercato ma anche di Piazza Pancali dove si svolgeva il mercato nero e la vendita di sigarette di contrabbando, cioè di intrallazzo.
“O CHIANU” Piazza Duomo;
“O SPIAZZU” Piazza Archimede;
“VIA DELLITTORIU” Corso Matteotti già via Del Littorio al tempo del Fascismo;
“A VANEDDA BUTTARI” attuale via Cavour zona dei costruttori di botti (Bottai);
“A CALATA O CANNUNI” dal cannone posizionato sul muraglione attuale par-cheggio e, quindi, la Via Ruggero Settimo;
“U CUTTIGGHIU CRUVEDDU” storpiatura del nome del noto Avvocato Leone Lui-gi Cuella, proprietario un tempo di varie case all’interno del Ronco Bentivegna;
“A TINTURIA” Via dei Tintori perchè vi erano Ebrei che esercitavano il mestiere di “Tintore”.
Per concludere vari incroci o località specifiche prendevano nome dalle edicole votive o dalle chiese li esistenti, come: “S.Gatanu”, “S.Giusippuzzu”, “S.Cristofuru”, “a Mattri Catina” , “e Miraculi”, “a MMaculata” , ecc..

ORTIGIA AMURI MIU.

Vadda chi beddu tramontu se ti metti a ‘u spiazzettu
viri ‘u suli e pantaneddi s’arrizzetta ‘nta l’iblei
Veni, veni furasteri ccà passò ‘a storia ‘ntera
Vadda ‘sta funtana bedda nesci frisca ‘i sutta terra
Archimedi ‘nta so sfera ‘mmaginò ‘stu gran futuru
‘nta sta costa frastagliata anniricò tanti straneri
Viri chi magnificenza ri ‘sti pettri antichi e saggi
veni ccà tra mari e suli ‘nta ‘stu ciauru celesti
Quanta é bedda ccà ‘a staciuni, sunu quattru ie pari una
‘nta ‘stu locu di malia tanti già passaru ‘i ccà
Ri chiù ranni fommu capaci ri puttalla a ‘sta ruvina
quanti figghi strummintusi appò na scappari fora
Nuddu é profeta rintra ‘nta ‘sta terra futtunata
sulu quannu arriva ‘a morti ‘i chiangemu tutti pari
Veni veni viandanti ca ‘u viddicu é sempri ccà
’nta sta terra luminusa ‘ncuminciò ‘a civiltà
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Messaggiodi Evaluna il 14 nov 2007 13:44

Interessante e bella questa tua "pagina" caro Antonio. :wink:
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Messaggiodi antoniorandazzo il 14 nov 2007 15:49

grazie evaluna sto cercando di salvare sull'hosting imagng la locandina appena pronta la metterò così le località saranno associate alle vie di pertinenza cio ciao Antonio
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Messaggiodi antoniorandazzo il 14 nov 2007 16:44

ecco i miei luoghi della memoria buona lettura per chi non capisce il vernacolo legga il precedente
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putroppo la cartina intera non viene con una buona risoluzione pazienza assaporatela a gocce ciao Antonio
p.s. rinnovo l'invito per chi fosse interessato di venire a ritirare la locandina plastificata GRATUITAMENTE
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Messaggiodi antoniorandazzo il 15 nov 2007 06:41

forse questo è anche il topic giusto per chiarire alcune cose per gli eventuali palati fini che sicuramente si scandalizzeranno del mio modo di interpretare il parlare siracusano e la "lingua siciliana". Sono consapevole che il modo giusto di scrivere sarebbe quello insegnato dal prof. Piccitto esimio docente dell'università di Catania e di tanti altri, Meli, Buttitta, Martoglio ecc... ma la mia fu una scelta ponderata e se volete di ribellione allo stato di coloni dei siracusani specialmente intellettuali. Io sono siracusano, mi dissi, e parlo a questo modo e così, avendo anche voglia di essere capito, ho rinunciato a quelle regole che rendono illegibile il siciliano specialmente a noi diciamo moderni. Forse questa premessa non è molto chiara e quindi appena possibile allegherò alcune pagine chiarificatrici. Amo questa mia terra e questo modo di parlare per la musicalità e tutto il resto e affermo con convinzione che noi non siamo palermitani, catanesi, messinesi, ragusani, ma, SIRACUSANI! Anche se vogliamo bene e rispettiamo i non siracusani. "SARAUSANA IE' SANTA LUCIA!" Questo non vuole essere un tentativo di discriminazione o nazionalismo gratuito ma la consapevolezza che solo nel rispetto delle diversità sta la vera via all'integrazione in questa terra dove vivono uomini e solo uomini. Aquesto punto visto che tutti rivendicano la giornata dell'orgoglio perchè non rivendichiamo la giornata dell'orgoglio siracusano? In altre parti ho chiarito che riconosco siracusani solo coloro che amano e vogliono il bene di questa terra. A pensarci bene è meglio rinunciare perchè finirebbe come tante altre cose cioè ci sarebbero infiltrati per apparire come sempre senza esserlo. Come non detto. Per il momento ciao a tutti
la profondità della terra custodisce l'oro, l'ostrica la preziosa perla, lo scrigno dell'essere i sentimenti più puri
Ultima modifica di antoniorandazzo su 15 nov 2007 08:09, modificato 1 volte in totale.
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Messaggiodi antoniorandazzo il 15 nov 2007 08:08

ed ecco a voi, visto che è ancora mattino presto e "NA BONA MATINATA FA A JUNNATA" la premessa del mio libro, allego anche la copertina perchè non è più disponibile,
SIRACUSANA2
PIAZZA DUOMO, 1
-Seconda edizione 2006-
ANTONIO RANDAZZO
L'UOMO FU... NON È..., FORSE SARÀ....
STABIT QUOCUMQUE ICERIS
-COMU A JETTII JETTI RITONNA A DRITTA-
-DOVUNQUE SI GETTI TORNERA’ IN PIEDI-
CIRCOLO VIRTUALE TERRONI UNIVERSALI
-U PICCHÌ RA SCELTA

Appartengo alla generazione nata nel 40, in coincidenza dell’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania, e quindi, il mio parlare e il mio pensare, sono frutto dell’appartenenza a quest’epoca, con le consequenziali influenze linguistiche.
Non essendoci regole grammaticali certe, ho voluto tradurre in scrittura il mio volgare, richiamandomi semplicemente ai suoni di pronuncia, e per tale ragione, mi sono dato le seguenti regole: la lettera J, premessa al verbo ESSERE, per il suono, a volte di IESSIRI e a volte di GHIESSIRI, alla E’, per il suono IE, ed a volte GHIE’. Al verbo VOLERE, prima persona singolare, IO VOGLIO, come per VOJU, a volte pronunciato VOIU, a volte VOGGHIU. Al verbo AVERE, a volte usato per i verbi ESSERE, TENERE E DOVERE, conservando la lettera H, come per IO HO, tradotto in IHAJU; per il suono a volte IHAIU, a volte IAGGHIU, e per IHAVI, a volte pronunciato GHIAVI.
La lettera R, usata per Riri, Rissi ecc., invece di Diri e Dissi.
Non vuole essere una ricerca filologica, ma la semplice trasmissione dei convincimenti, nel mio quotidiano modo di parlare.
Non amo le etichette che ingabbiano, avrebbero impedito di essere me stesso: IO SONO, E SE SONO ESISTO, E SE ESISTO, HO DIRITTO DI DIRE LA MIA.
Dedico questo a tutti coloro che, nel bene e nel male, hanno contribuito alla mia formazione: genitori e antenati, amici o semplici conoscenti, “MASTRI”, maestri, maestre, insegnanti civili e militari. Un grazie particolare, all’ARMA DEI CARABINIERI, nella quale ho militato con tanto orgoglio, e alla quale, ancora, appartengo idealmente.
Mi scuso per le “MALI CRIANZI e VASTASATI”, i Santi non sono di questo mondo, chi non ha sbagliato?
Sono l’ultimo dei sopravvissuti della mia famiglia di origine, e con paterno amore di ZIO, dono quello che sono, ai miei nipoti e ai loro figli, affidandogli i sogni realizzati e non.

AD MAIORA Antonio Randazzo
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Messaggiodi docmar77 il 15 nov 2007 15:51

[.applauso.] complimenti antonio...continua ad essere sempre un immenso piacere leggerti!!!

Vuoi raccontarmi qualcosa d quei personaggi ke t ho detto d aver letto nel libro gente d'ortigia??...nn so... se ricordi qualcosa del venditore d sponse, del gelataio o del venditore d cacocciuli spinusi...mi piacerebbe sentire se hai memorie in merito!!!



scusa se ne approfitto!!! :oops: :lol: :wink:
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Messaggiodi antoniorandazzo il 15 nov 2007 16:12

saliiii, acituuuu, scupiiiii- a varicchina ie u lisciuniiiii.
patati marca cavallu, cipuddi marca sceccu ihaiu mulingiani ca sunu chiù rossi re minni i mamuggheri.
verso la fine degli anni 40, ero ancora bambino e frequentavo la via Gargallo man mano mi allontanavo verso "a spidduta" da 6 anni in poi frequentai le elementari presso le scuole, allora nuove, e ricordo benissimo il bidello "ran mommu" che abitava li vicino. A quel tempo tutti in fila per ingurgidare un cucchiaio di "ogghiu i ficutu i murruzzu" disgustoso come non mai. Il generi alimentari "Attardi" "ranna rusidda" che vendeva noccioline, i corsale, abitanti in via anacreonte ma con la merceria in via Maestranza. "a cirara" in via dei Gracchi, il tubista in via Mergulensi. Allora c'era il cinema all'aperto "verga" e li per carnevale c'era "u festavallu" con giochi sotto novanta."A masciarrò" andavo a comprare il ghiaccio e arrivavo anche in fondo dal panificio Sorano sempre a sinistra un po prima all'incrocio con via resalibera c'era il barbiere. i cacoccili spinusi i chiamavumu passatempu e di gelatai erano tsanto Romano l'attuale proprietario del bar Kennedi che aveva la carrozzela a forma di cigno, poi Zivillica ,forse "tupiulu" vendeva "u gilatu ro turcu" Allora tutta "a Jureca" era uno spettacolo di venditori, bambini e giochi al bigliardino "ri ran paulinu"Il resto alla prossima puntata ciao Antonio
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Messaggiodi corradom il 15 nov 2007 18:11

Antonio sei fortissimo, ho riso a crepapelle, pensa che ogni tanto
in casa con mia moglie mi metto (a banniari sali acitu scuope a varicchina eu lisciuò o pighiatilu ca cabbò, e c'era anche quello che vendeva il carbone che diceva ;crauni asciuttuo ed avendo il figlio che si chiamava Benito che lavorava con lui gli diceva(Benitu o piglia i suordi prima ca signura si ni penti) che ricordi, non so se ho scritto bene in dialetto comunque lo capisci lo stesso [.strafelice.] [.applauso.]
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Messaggiodi antoniorandazzo il 15 nov 2007 19:15

veramente il tuo è un po napoletano ma il significato è lo stesso non per niente le due zone erano il Regno delle due Sicilie grazie e sono contento di aver contribuito a farti ricordare man mano cercherò di integrare il già scritto ciao Antonio
p.s. scupi ecc. e avemu i rasteddi pi lavari a casa
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Messaggiodi docmar77 il 15 nov 2007 19:53

antonio parlami un pò ri facci i rispirata e di culu i truscia...v prego la mia mamma e il mio papà mi hanno spesso raccontato le storie della vekkia ortigia...è come se l'avessi vista ank'io!!! papà andava sempre al cinema a vedere i film d jhon waine...nn so se i vostri tempi coincidono...mio papà è del '49...qualke anno dopo, ma penso ke i ricordi siano simili!!!
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Messaggiodi Laila il 15 nov 2007 23:35

.............................................
Ultima modifica di Laila su 22 lug 2008 22:01, modificato 2 volte in totale.
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Messaggiodi Evaluna il 16 nov 2007 12:14

Queste cose me le raccontava sempre mio padre, classe 1930, :wink: :D ma...da quando non c'è più i suoi racconti si stavano un po affievolendo nella mia memoria. :roll: :(

Grazie Antonio per aver riportato alla memoria i ricordi. [.applauso.] [.accordo.]
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Messaggiodi antoniorandazzo il 16 nov 2007 15:33

credo di averlo già detto sono convinto che ricordando il passato si vive il presente e si può programmare il futuro in caso contrario non siamo ne pesce ne carne. Mi impegno di volta in volta, datemi tempo, di scrivere tutto quello che ricordo intanto beccatevi questa mia citazione che vale anche per il topic sull'arte postato da Barbara:

SPESSO CHI NON È, SI SFORZA DI APPARIRE, CHI È, HA GIÀ TUTTO E SCOMODA CHI APPARE.
È BELLO, ESSERE E SCOMODARE, MA CHE FATICA!

sabbenarica a tutti Antonio
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